VITE A PEZZI - VI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)
Il messaggio di queste domeniche è forte e chiaro: dove passa Gesù, il male digrigna i denti, schiuma, trema, si sente minacciato, e molti sono guariti e liberati. Al suo passaggio Gesù restituisce l’uomo all’uomo: alla sua piena dignità e alla sua libertà attestando che la volontà di Dio è totalmente volta al Bene. Allora perché il male? Bhe che un padre abbia dei sogni, desideri ed intenzioni buone verso il figlio, non significa che quel figlio sarà preservato dal dolore e dalle prove della vita. Ma la Scrittura attesta, che il Regno di Dio ha un re compassionevole e misericordioso che non lascia fuori neppure i lazzaretti. Il lebbroso è l’impuro, l’escluso, colui che è costretto a stare lontano, emblema anti-sociale per eccellenza, simbolo di un “Covid” che percorre tutti i tempi, sintesi di ogni pandemia e di ogni vita che cade letteralmente a pezzi, che non è più intera, integra…. che è a metà. Il morbo di Hansen, la lebbra, era un tempo l’anticamera della morte. Lo storico Giuseppe Flavio afferma che i “lebbrosi non erano in nulla diversi da un morto”, come ci ha fatto intendere la prima lettura. Il fratello lebbroso è voce di un uomo che grida nel deserto del dolore: “Signore, nella tua capacità di farti prossimo e ascoltare e accogliere… C’è un piccolo spazio anche per me?” - “tu sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia” (Sal). Quest’uomo diventa l’icona che ci rimanda ai nostri atteggiamenti di diffidenza e paura verso l’altro che portano con sé la proposta di tenere “a distanza”. Se oggi questo ci è necessario per fermare il terribile contagio, dobbiamo fare attenzione a che non diventi la dominante delle nostre dinamiche, perché altrimenti stiamo costruendo inferni di solitudine anziché fraternità. Quella distanza non è sempre la soluzione anzi molto spesso è il problema che prende la forma del “noi e loro” … “il mio e il tuo” … “da questa parte da quella parte”… “il mondo e il Terzo mondo”, “ricchi e poveri”, “sani e malati”, “vicini e lontani”, “buoni e cattivi”… e così via
Ecco dove c’è divisione c’è puzza di zolfo, si crea l’habitat del diavolo. E poiché non c’è nulla che faccia male all’uomo e che non faccia male anche a Dio, Gesù interviene. Se secondo la Legge del Levitico il lebbroso non poteva avvicinarsi a Dio finché non era puro, da quel giorno ecco il capovolgimento: “Avvicinati pure e allora sarai puro”. Perché quanto più sei lontano, tanto più sei vicino al cuore di Dio che abita gli ultimi posti. Questo Dio che ama ribaltare le cose e le sorti, fa del luogo di separazione, lo spazio per un incontro miracoloso che riabilita la vita! Per Gesù nessun plexiglas, nessuna precauzione… perché quell’uomo vivo-e-già morto, lo ha già ucciso dentro. Questo movimento delle viscere di misericordia danno vita ad un grande segno, il grande miracolo… la guarigione della lebbra, accompagnato dall’invito a tacere… ! Forse a sottolineare che la verità taciuta e nascosta è ancora più profonda di quella manifestata… ben di più che la “sola” guarigione! E questo perché non capiti, come a quei dieci lebbrosi guariti, di dimenticare i sacerdoti e anche Gesù, convinti che la guarigione della carne basti e avanzi! Invece c’è sempre il resto; oltre il corpo guarito, c’è un cuore sanato, un uomo salvato nella sua interezza, che anche se soggetto alla morte, mai più morirà!
E guarire implica una convalescenza silenziosa, di riflessione. Quell’uomo, secondo quanto prescritto da Gesù, deve tacere… deve entrare in un silenzio nuovo, ma questa volta abitato. Ma l’ex-lebbroso disattende quella richiesta, e così per la sua disobbedienza sarà Gesù a dover stare fuori… è diventato Gesù il lebbroso. Si invertono le parti, perché a volte per ricomporre l’unità devi sperimentare e “toccare con mano” l’altra parte… E così mentre il lebbroso risanato si è potuto reintegrare nella città, l’uomo integro Gesù, si è dovuto isolare: ecco “il servo sofferente che prende su di sé le nostre infermità” (cfr, Is). E così impariamo un tratto inconfondibile dello stile di Gesù che non spiega il male, non toglie il dolore, ma lo vive liberandolo dall’assurda inutilità. Su quella croce, Gesù, è molto più somigliante ad un lebbroso che ad un professore di filosofia che sa dire parole belle sul tema del male… Il male non lo si spiega, lo si attraversa con la fede nel Padre che mai abbandona e che sempre, anche se in modo misterioso, si prende cura e ha compassione. Allora il nostro grazie a Dio per essere così, chiede di prendere sul serio le parole di s. Paolo: “fate tutto per la gloria di Dio”… e abbiate fiducia perché Dio sa fare il suo lavoro!
In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte. (Mc 1,40-45)