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VARCARE I CONFINI - XX Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)

La liturgia di questi giorni ci fa passare da una madre, Maria, celebrata ieri nella solennità dell’Assunzione, ad un’altra, quella del vangelo di oggi, una straniera di Canaan, una terra che racconta di una antica inimicizia con Israele. E per inquadrare bene il tutto, dobbiamo ricordare che un’idea teologica del tempo sosteneva che la salvezza di Dio riguardasse esclusivamente i giudei, “le pecore perdute di Israele” e dovesse tenere a debita distanza, come cani randagi, tutti gli altri.

Ma dalla prima tra le credenti, all’ultima delle pagane, Dio fa splendere il suo sole su tutti, perché la sua casa “è casa di preghiera per tutti i popoli”.

Certo per essere popolo di Dio il Signore chiede che venga praticata prima di tutto la giustizia umana, facendo intuire che essa da sola non basta ma serve per essere introdotti alla giustizia di Dio, l’unica che porta alla salvezza. Non si tratta semplicemente di un generico rispetto di tutti, quasi come in una moderna religione laica dei valori universali e razionali, quanto di un amore al prossimo che elimina qualunque principio di esclusione, perché è volontà del Padre quella di raggiungere “tutti i figli ovunque dispersi, è volontà del Padre quella di infrangere con molta libertà la configurazione architettonica sacra del tempio che prevedeva un atrio dei gentili (dei pagani), più solido di un muro, che divideva, creando un dentro e fuori, vicini e lontani, eletti ed esclusi, che radicalizzando la separazione fra sacro e profano alimentava la distanza della religione dalla vita. Non possiamo pensare che il Signore Creatore del cielo e della terra, si fermi davanti all’appartenenza etnica o religiosa! Davanti alla sofferenza umana tutto il resto tace. E questa mamma soffre per la figlia. Questa umanità ferita e bisognosa è la condizione sufficiente per prendere parte alle attenzioni di Dio. E tutto questo è inserito in un cammino di crescita, di consapevolizzazione, di fede. Il Signore vuole far capire a questa made, che la sua sofferenza non è stata vana e nemmeno la sua insistenza.

Nella sua richiesta la donna, non ha la pretesa di dire a Gesù quello che deve fare, gli presenta semplicemente il suo cuore e il suo bisogno: è il nucleo della preghiera. Questa donna ha il coraggio di innalzare e far vibrare il suo grido di aiuto che nella sua nudità e crudezza infrangere la barriera del suono e arrivare alle altezze di Dio… Ha capito che si grida tutti nella stessa lingua (!), e ha imparato dalla stessa vita il grido di Pietro sulle acque in tempesta “Signore salvami”, lei dice: “Signore aiutami”.

La donna non si scoraggia davanti al silenzio di Gesù ma, parafrasando sant’Agostino, attingerà combustibile da quello spazio di attesa, per infiammarsi ancor di più nel suo desiderio di ottenere risposta, né tanto meno si tirerà indietro davanti all’impazienza dei discepoli e alle parole dure del Maestro.

Starà e volgerà a suo favore quella immagine proposta, che ha tutto l’urto dell’insulto, e vanterà il diritto dei cani domestici che con i figli hanno una unica casa e un’unica mensa! Ma si può stare in casa come figli o come schiavi, così come si può visitare il tempio da turisti, mercanti o credenti… Gesù vuole dire che a concedere quanto chiesto, senza la fede in Lui, sarebbe come togliere il pane di bocca ai figli per darlo ai cani, e quella donna che con concretezza domestica è dalla parte del ragionamento di Gesù, infatti non chiede il pane, ma le briciole che andrebbero sprecate a terra e che sono lasciate ai cani. Per sederci a tavola come figli, talvolta è necessario saper stare a terra come cani, umilmente ai piedi della mensa, sempre un po’ stranieri rispetto agli insegnamenti di Gesù, sempre un po’ al di fuori del suo recinto, sempre bisognosi di essere riabilitati, educati, perdonati. Talvolta occorre lasciare al Signore la possibilità di parole dure, di versetti pericolosi, di tempi prolungati di silenzio, di gesti e linguaggi scomodi… perché questi possono far maturare una fede che sposta le montagne e i confini. Allora la fede diventa una roccia di salvezza, un martello che abbatte muri, definizioni, codici di legalità e protocolli di prossimità, una trivella che arriva al cuore del cuore.

Mai nella Parola è scritto “ti sia fatto secondo quanto hai pregato, secondo i precetti assolti e i sacrifici compiuti, o secondo la tua religione o etnia, ma “ti sia fatto secondo la tua fede”.

Da quell’istante quella figlia fu guarita e così il modo di vedere di Gesù stesso… Quella donna, mamma che chiede il miracolo, potremmo dire che ne compia a sua volta uno; quando si è nella fede non sempre si ricevono miracoli ma molto spesso si diventa miracoli-viventi per gli altri.

 
In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! Mia figlia è molto tormentata da un demonio». Ma egli non le rivolse neppure una parola. Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: «Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». Egli rispose: «Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele». Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!». Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». «È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni». Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri». E da quell’istante sua figlia fu guarita. (Mt 15,21-28)
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