UNO STUPITO DÉJÀ-VU - Solennità di Cristo Re (Anno A)
L’anno liturgico si conclude nella proclamazione solenne della regalità del Signore, Re dell’universo. Quello della regalità è un tema che sentiamo un po’ lontano, ci reputiamo sempre un po’ poveracci(!), e di questi tempi francamente ci basterebbe anche meno di un Re. Ma in realtà in noi c’è un terreno infinito, un campo sconfinato di possibilità e potenzialità, che se ha sede vacante, ci può portare ad una anarchia pericolosa, o peggio ad eleggerci sovrani di noi stessi. Ecco allora che il Signore-RE viene a salvarci da un governo approssimativo e debole. Chi di noi ad esempio potrebbe governare il nemico della morte? Solo “il primogenito dei Risorti”, che ha vinto definitivamente la morte.
E le letture di questa domenica ci fanno porre l’attenzione non tanto sul potere o lo sfarzo del grande sovrano, che nell’immaginario collettivo, sono il corredo più prossimo di un re, quanto piuttosto sul suo stile. Uno stile che ha a che fare con la nobiltà genuina e concreta di un pastore più che di un principe, un pastore che ha sempre la testa e il cuore nelle sue pecore, una ad una, che non passa la sua giornata negli agi del palazzo, ma tra ovile e pascoli, tra pecore, montoni e capri…
Nella tradizione biblica, il Re promesso dai profeti, é proprio questo, Colui che è capace di rendere giustizia ad ogni uomo, Colui che finalmente ascolta il grido del povero! Questo nostro Re, si fa vicino, va incontro e raduna i dispersi, ha uno sguardo capace di giustizia, che nel suo giudizio, vede la vittima dove noi vorremmo cercare solo il colpevole: se sei così… ci sarà un perché. Forse te lo sei un po’ voluto…
Se la Parola ci dice che “chi crede è come se vedesse l’invisibile”; gli occhi del Signore credono nell’umanità e si posano sugli invisibili della terra, e vede quello che noi non vediamo o non vorremmo vedere. Certo ad un primo sguardo sembra molto difficile coniugare la regalità con il pascolo del povero, del malato, del carcerato, dell’affamato, dell’assetato, dello straniero e dell’ignudo. Ma il Signore mette su ogni uomo, come timbro di fabbrica, il suo sigillo regale, come sulla fronte di Caino a perenne memoria del fatto che l’uomo è suo, e che dal canto suo, l’uomo, è chiamato a custodire il fratello. Pena: la maledizione. Non tanto quella del Signore, ma quella che ci si attira nella propria vita tutte le volte che non si è quello che si deve essere.
Nella prima lettera di Giovanni troviamo (4,8) “Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore”. L’amore è il comandamento di Dio che già nel libro del Deuteronomio veniva declinato così: “apri la tua mano al fratello povero”. Ecco allora che “Povero” diventa l’altro nome di Dio. Colui che ti dà la possibilità di rendere il giorno del giudizio come uno stupìto déjà-vu: “Ma non ci siamo già visti?”, “Ci siamo incontrati già da qualche parte?” … Ecco tutte le volte che avete guardato con amore e dedizione negli occhi del fratello più piccolo, del più povero, avete in qualche modo incrociato il mio sguardo… perché così guardo IO, perché io sono lì vicino a loro… ecco dove mi avete già visto.
Quante volte ci diciamo che è nelle cose piccole, nei dettagli, che si vede la verità di una persona, e Gesù stesso ci ricorderà che solo chi è fedele nel poco sarà fedele nel molto. Ecco questa pagina suggella le piccole cose ci insegna ad usare i verbi dell’ogni-giorno: bere, mangiare, curare, vestire… cosicché non possiamo esimerci ed accampare scuse e possiamo diventare familiari con il Dio che ci abita accanto.
Quest’anno celebriamo la fine di un anno pastorale, molto particolare, che ricorderemo sicuramente per il Corona-virus e per le perdite e ferite in tanti e tanti ambiti…. Ma neppure una pandemia terribile come questa toglie di valore e sposta di un solo centimetro le parole di questo Vangelo, anzi le rafforza in quell’appello del “Restiamo Umani”… E’ volontà di Dio che tutti siano figli di RE: dissetati, saziati, vestiti, guariti, liberati. E quando un figlio di re si muove nelle cose della vita, quasi neppure deve pensare alle cose di tutti i giorni perché gli vengono assicurate dal suo stesso status. Cercate le cose di Dio, il resto vi verrà dato. E quando le circostanze della vita rendono più duro credere a tutto questo, ci sia il cristiano, il “portatore di Cristo” ad annunciarlo con la vita di tutti i giorni… Perché non ci capiti di sentirci dire che “non lo abbiamo servito”, pur magari non avendo perso neppure una messa (!). Ecco per servire il Signore che è venuto a servire, dobbiamo farci servi. Il modo migliore per rendere omaggio al RE, è imitarlo: farci buoni samaritani dalla compassione profonda, senza preoccuparci troppo se ci stanno fregando, se stiamo trattando con pecore o caproni, se ci sarà un buon esito o no… il cuore di Dio è l’unico registratore di cassa contemplato.
E il giudizio finale sarà positivo se in quel faccia a faccia che vivremo con il Signore, Egli incontrerà nei nostri occhi quelli della gente intorno a noi, di cui ci siamo presi cura con il mandato stesso del RE. E a chi avrà abbondanti volti amici, grati al Re, sarà dato molto, perché il Signore stesso farà vedere il suo volto. Volto che ora diventa PER NOI pane spezzato dato agli affamati, acqua che disseta, coperta che scalda, liberazione, cura, accoglienza.
Amen.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi”.
Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato”. Anch’essi allora risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?”. Allora egli risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me”. E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna». (Mt 25,31-46)