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SPOSARE LA VITA - II Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

Se domenica scorsa la liturgia del battesimo di Gesù ci ha ricordato che attraverso quell’immersione in acqua e fuoco, siamo divenuti figli, figli di Dio; questa seconda domenica del tempo ordinario, immergendoci nel fiume del vino nuovo, ci fa sposi, ricordandoci che una delle categorie del credente è proprio la nuzialità. Pur se “invitati” ad un banchetto di nozze, il tema centrale non è la chiamata specifica al matrimonio, quella di oggi non è una parola solo per gli sposi presenti, ma per tutti. Ad indicare che per entrare nella conoscenza ed esperienza del Mistero di Dio TUTTI siamo chiamati a “sposare la vita” e a vivere l’intimità della relazione, a fare sì che Dio sia di famiglia nelle nostre cose familiari, per poter vivere ed inverare l’unione profonda con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo… per assaporare, come in anticipo, il buon gusto delle nozze eterne: il “sì” per sempre pieno in una casa costruita sulla roccia. Quello di Cana è l’inizio dei segni… la prosecuzione dell’epifania, della manifestazione di Gesù all’interno di quella categoria antropologica fondamentale che è la festa che richiama tutte le situazioni importanti della vita che non a caso si suggellano con un mangiare insieme: un matrimonio che dà inizio ad una nuova famiglia, ma anche una professione religiosa, un bambino che nasce e i suoi successivi compleanni, una amicizia, un fidanzamento, un contratto di lavoro, e così via… Tutte cose che nel tempo, se non celebrate e curate in un certo modo, sembrano denunciare la “mancanza di qualcosaLa mancanza di vino. Il venir meno di quell’elemento importante, di quell’ingrediente di senso e gioia, di passione e motivazione, di determinazione e perseveranza… che sembra dirci che quella scelta si stia annacquando, che quella decisione stia facendo acqua da tutte le parti, che quella chiamata stia perdendo di sapore. Tutta la vita è questione di sapore, come la fede è questione di fame! Non a caso in Eden il peccato è legato ad un frutto che è bello e buono, e nei quarant’anni del cammino nel deserto le acque si faranno amare, quando non verranno proprio a mancare, e la manna darà la nausea, ci si annoierà del sapore delle quaglie… e il circolo obbedienza-peccato sarà sempre innescato da un qualcosa che viene a mancare e che non sembra all’altezza… È allora quanto mai decisivo risolvere la crisi di Cana, che sembra potersi districare solo grazie alla presenza di questi due ospiti d’onore, Gesù e Maria… nell’eco delle parole dell’angelo rivolte a Giuseppe: “non temere di prendere con te il bambino e Maria sua madre”… Come a dirci che se avremo il coraggio di fare entrare Gesù e Maria nelle nostre casa, quale che sia la prova, la festa non perderà il suo buon sapore. Nel dialogo fra Maria e Gesù esce fuori la possibilità di recuperare l’imprevisto: “Se Gesù vi dirà qualcosa fatelo”. E così Maria ci consegna il segreto della sua maternità: l’obbedienza. Fare quello che ci chiede il figlio e avere il coraggio di lasciar perdere il resto. Molto del retrogusto amaro che abita il nostro palato è dato da quell’autoimporsi obiettivi e cose che Dio in realtà non ci ha mai chiesto né ha mai preteso da noi. La vita da manuale, l’illusione della vita perfetta, la facciata della vita pia e devota spesso ci mettono sotto lo scacco della schiavitù. E la Parola di Gesù non tarda ad arrivare attraverso una cosa molto piccola: anche se hai bisogno del prezioso e costoso vino che di cui non hai saputo valutarne la giusta quantità, guardati attorno e parti dalle piccole cose che sono a portata di mano. Parti dall’acqua che si sporca lavando le tue mani. La seconda lettura diceva che “a ciascuno è data una manifestazione particolare per l’edificazione comune”: a ciascuno il suo passo possibile. Spesso cadiamo nell’errore di voler prendere di petto il problema. Ci sembra logico, razionale, naturale, intuitivo che se manca il vino ci si debba orientare sull’acquisto di altro vino, o quanto meno sull’uva, la vite… Invece l’azione richiesta da Gesù ci porta all’acqua: un apparente non senso, un assurdo, un fuori tema. Spesso il fuori luogo diventa il luogo in cui Gesù si manifesta… un’azione atta al disorientamento per capovolgere e ri-orientare una situazione che rischierebbe di rimanere bloccata su se stessa, di arrestarsi dentro ad un vicolo cieco delle proprie assenti forze. È questa la forza della risurrezione che fa ripartire la vita apparentemente finita. Dopo che abbiamo fatto tutto quello che si poteva fare, alla fine, a riportare la gioia capace di durare nel tempo potrà essere solo Lui, come vino nuovo che migliora invecchiando.

Gesù è questo vino al banchetto, oggi presente come sacramento sull’altare, con la forza di capovolgere ancora una volta le brutte sorti, nel desiderio di mettere sotto sopra l’oggetto stesso della gioia che diventerai tu stesso. Tu “sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata” (Is 62,4). perché anche se tu non te ne accorgi, "il Signore trova in te la sua delizia”…

 
In quel tempo, vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. (Gv 2,1-11)
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