SPECCHI DEFORMANTI - IV Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
Coloro che nella sinagoga, erano rimasti profondamente stupiti, colpiti dalla forza della Parola di Gesù, oggi sminuiscono tutto quanto hanno vissuto, rileggendolo con la categoria della “presunta conoscenza” che in realtà non lascia spazio al conosciuto: “non è costui il figlio di Giuseppe”. E la speranza del Messia atteso dalle genti sarebbe risolta così. Il cerchio delle Attese sarebbe chiuso. Ovvero Egli è colui di cui sappiamo già tutto: vita, morte e miracoli :) … E così Gesù viene svalutato da chi più gli era vicino. E capisce molto bene quale meccanismo umano si sia acceso: oltre al virus della gelosia c’è quanto racconterà nella parabola del seme che subito germoglia ma che non mette radici e che altrettanto velocemente disseccherà. Si tratta del facile entusiasmo con il quale molto spesso dobbiamo fare i conti anche noi e che ci porta il più delle volte a dire parole, compiere azioni, e prendere scelte di pancia ma che poi non portano frutto. E Gesù che conosce i suoi, aggiunge che di lì a poco sicuramente gli citeranno il proverbio “medico cura te stesso”: come a dire “da quale pulpito viene la predica”! Altro che essere il re che viene a portare la salvezza e la liberazione… Caro Gesù conosciamo le tue origini umili e contorte con tutta la carovana di mormorazioni che riguardano tua Madre Maria e tuo padre, quel povero Giuseppe. E Gesù, da come si sta mettendo la situazione, non si paralizza nello sconforto, anzi è come se si sentisse confermato nella sua missione. La fede in Dio Padre è scomoda, controcorrente e divide. E così Gesù farà riferimento a due grandi profeti come Elia ed Eliseo, anch’essi non riconosciuti e apprezzati proprio nei loro contesti ordinari, e che furono mandati a dei pagàni, degli stranieri, la vedova di Sarèpta e Naaman il Siro.
Con queste parole Gesù, abbatte ogni frontiera: non c’è più una terra santa e una profana, c’è un Dio che si rivolge a tutti! E viene recuperata la dignità dello straniero, dell’analfabeta dello spirito… Colui che parte da una pagina bianca, un terreno vergine, sa talvolta ascoltare e accogliere meglio perché libero da sovrastrutture, pre-costruzioni e da quelle “pregiudiziali chiusure” che bloccano la mente e le relazioni sul dato per scontato, sul già visto e sentito, sul “si è sempre detto e fatto così” che non lascia spazio ad alcuna novità. Quante volte anche noi presumiamo di sapere già tutto su chi ci sta accanto! E così magari proprio a partire dai contesti familiari, più che gettare le reti sulla Parola di Dio gettiamo la spugna per una battaglia che diamo già per persa.
E così Gesù si trova al centro del destino riservato ai profeti e ai testimoni: tentano di azzittirlo e di farlo fuori, perché portatore di una Parola scomoda. Ed Egli ieri come oggi “passa in mezzo e va”… perché il suo compito è più grande di quell’insuccesso. Vogliamo ri-partire dalla postura annotata in sinagoga domenica scorsa quando “gli occhi di tutti erano fissi su di Lui”, e lo facciamo con l’umile consapevolezza che: “Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio”… Quante volte - dobbiamo ammetterlo - siamo come al Luna Park nella stanza degli specchi deformanti. E quindi non sapendo quello che realmente siamo (figli amati), ci detestiamo, non ci apprezziamo, e cerchiamo di demolire gli altripensando che dalle altrui macerie ne trarremo qualche guadagno; pensiamo che facendo terra bruciata all’intorno, qualcuno ci noti e ci riconosca… Gesù, nei confronti di noi stessi e del nostro Prossimo, ci invita a saper andare oltre all’immagine deformata dal senso di colpa, oltre al dato biologico e ai faldoni di notizie biografiche, oltre ai peccati, per aprirsi ad uno sguardo più ampio, ad un carisma più alto, che rimane sempre e per sempre l’amore! (IIa lett.) Perché solo l’amore può mettere a fuoco quello specchio. Ma se solo l’amore può farci crescere, è altrettanto vero che noi dobbiamo crescere nell’amore. Potremmo parafrasare: “Quando ero bambino amavo da bambino”… Solo quando ci congederemo dal compulsivo bisogno di essere al centro dell’attenzione e sapremo “andarcene altrove”, per “passare all’altra riva”, per metterci nei panni degli altri, per guardare come guarda Dio, potremo allora aprirci alla logica dell’amore più grande che mette al centro l’altro, perché "la carità non cerca il proprio interesse” e ci chiede di continuare a camminare giorno dopo giorno in mezzo alla realtà, passando dallo “stringere la veste ai fianchi” al “deporre la veste” per lavare i piedi e servire, proprio come ha fatto Gesù. E quei piedi diventeranno lo specchio dove vederLo faccia a faccia, non c’è altro modo: Dio si dona nel fratello da amare. E allora quell’andarcene altrove equivarrà a rimanere, nella modalità-altra di Dio, che continua tenacemente ed ostinatamente a passare, farsi prossimo, guarire e salvare. Tutto passerà, e nel suo passare si incontrerà con il passaggio di Cristo e per questo l’amore non avrà mai fine!
In quel tempo, Gesù cominciò a dire nella sinagoga: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato». Tutti gli davano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: «Non è costui il figlio di Giuseppe?». Ma egli rispose loro: «Certamente voi mi citerete questo proverbio: “Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fallo anche qui, nella tua patria!”». Poi aggiunse: «In verità io vi dico: nessun profeta è bene accetto nella sua patria. Anzi, in verità io vi dico: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elìa, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elìa, se non a una vedova a Sarèpta di Sidòne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo; ma nessuno di loro fu purificato, se non Naamàn, il Siro». All’udire queste cose, tutti nella sinagoga si riempirono di sdegno. Si alzarono e lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino. (Lc 4,21-30)