RIDE BENE CHI RIDE ULTIMO - Santa Pasqua (Anno A)
Nelle chiese “vuote”, come la tomba, oggi infrange il silenzio l’eco di campane risorte! Abbiamo accolto la Pasqua senza l’esuberanza della folla dei fedeli e dei molteplici segni della Veglia: il fuoco nuovo, la cera, la luce, l’incenso, l’acqua… dove l’intera creazione viene chiamata in soccorso della fede perché aiuti la Parola ad esprimere l’immenso Mistero; ma questo vuoto, come non mai, ci ha rimandati alla memoria di quel mattino di Pasqua… Nel vuoto rimbomba e si diffonde meglio l’alleluia che ha un suono glorioso!
Ciascuno a suo modo é lì, nel bisogno di osservare la tomba… e di trovarla non piena ma vuota! Guardare una tomba significa abbracciare e stringere quella spazialità residua di colui che non c’è più, nel desiderio di tenere in vita il ricordo di quanto vissuto insieme. E il nostro cammino, ed in particolare, la settimana appena trascorsa, mi auguro siano pieni di ricordi insieme al Maestro, perché lo abbiamo accompagnato passo passo… perché lo sentiamo proprio come un nostro “caro”. Allora abbiamo oggi il diritto alla tristezza, alla rabbia, allo smarrimento, ma come ci ha ricordato il Santo Padre, anche il diritto “alla speranza”, speranza che combatte e vince la paura di aver perso delle cose e di non trovarne di nuove. Oggi il luogo del silenzio diventa megafono di una Promessa… Nelle letture della veglia ci è stato ribadito che “i suoi pensieri e le sue vie non sono le nostre”. Solitamente leggiamo questo versetto, come qualcosa che ci schiaccia un po’. Pensavamo a delle cose belle ed invece ecco che arrivano gli intoppi, i contrattempi, i problemi, le magagne, il dolore… E invece oggi quella parola si illumina e si dilata: forse il mio pensiero era concentrato su cose sbagliate, troppo piccole, quasi come avvolto da un sacro pudore non osavo sperare cose grandi e per paura di perdermi chiedevo sempre la solita cosa, ed invece oggi Lui mi stupisce regalandomi una speranza al quadrato, che supera ogni aspettativa e richiesta: la risurrezione. Come ogni anno sulle macerie di un terremoto cognitivo, emozionale, razionale, scientifico, affettivo, si stagliano le parole di angeli e una spinta nuova ai discepoli che stavano rinchiusi in casa (come noi!) e si liberano in un andirivieni confuso di donne, discepole e discepoli in corsa… che come la sposa del Cantico seguono la scia del profumo dell’amato… E’ il movimento della vita nella spinta di una Buona Notizia.
In questi giorni ci siamo ritrovati con particolare forza davanti alla morte. A maggior ragione siamo chiamati a reagire con il celebrare la Pasqua del Signore che ci ricorda che non esiste alcun sepolcro che non possa essere aperto dall’Amore di Dio… E così siamo ancora una volta invitati “a prendere parte con Lui”, non solo della Sua croce e della Sua morte, ma anche della Sua risurrezione! E “Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo, seduto alla destra di Dio” (Col 3,1), chiamati cioè ad entrare in un MOOD di vita che non si lascia schiacciare dagli insuccessi, che non si spaventa del rifiuto, che non teme il giudizio contrario, che attraversa la delusione, che non dà sommo potere al dolore anche quando fa parecchio male! Non vinceranno gli screzi di famiglia, l’imbarazzo per i beni da dividersi, non vinceranno i piccoli grandi risentimenti nati da offese e ripicche, non vinceranno le malattie che fiaccano il corpo, non le incomprensioni figli-genitori, non vinceranno le finanze corrotte… “Non abbiamo altro re che… Cesare? o Dio? Chi vuoi liberare Barabba o Gesù? La potenza o la debolezza? Al di là del romanticismo, non ce ne facciamo nulla di un Dio debole; di fragilità, ne abbiamo già abbastanza delle nostre! La parola ci dice che “Tutto è possibile per chi crede”. Il termine ebraico geber spesso fa coincidere “credente” con “potente”. Potremo dire che la fede dà la stessa “Onnipotenza di Dio”, la potenza dell’Amore che neppure la morte può chiudere in un sepolcro! E così nella fede posso trovare il coraggio, la speranza, la forza di essere l’uomo delle beatitudini, l’uomo dei dolori, l’uomo che va incontro alla morte e la sfida non con lo sguardo del prepotente, ma con gli occhi del Figlio, il potente di Dio, che può quello che può il Padre, perché Egli ne è figlio ed erede, e che diventa in grado di vincere la voglia di vendetta riponendo la spada nel fodero, e vince la morte non eliminando Pilato e neppure la morte stessa. Tra Litostrato e Pretorio non ha vinto il Golgota ma una tomba vuota che fa fare brutta figura a molti! Cesare e Caifa non possono competere con il potere di Abbà. Allora per noi non saranno tre giorni, ma alla fine ride bene chi ride ultimo! E’ questione di tempo che fa venire tutti i nodi al pettine, tutte le pietre rotolate via nella valle Geenna. Anche in mezzo alla morte Dio può operare e volgere al bene il male. Aiutaci Signore a non essere sedati come le guardie, ma con l’occhio di sentinella che sveglia l’aurora e sa mettere a fuoco il giardiniere riconoscendolo Signore!
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. (Gv 20,1-9)