PASQUA QUOTIDIANA - Pentecoste (Anno A)
In un certo senso questa è una delle omelie più difficili dell’anno, perché cari fratelli e sorelle la Pentecoste non va “spiegata” ma “dispiegata” (!), vissuta!!
Ma proviamo ad orientarci…
Cinquanta giorni dopo la Pasqua, la comunità dei credenti ritorna al giorno della Risurrezione. Nella narrazione dell’evangelista Giovanni infatti, lo abbiamo sentito, il giorno stesso della risurrezione è il giorno di Pentecoste!
Così la Pentecoste diventa liturgicamente il compimento del periodo pasquale, e il cerchio si chiude, o in realtà forse dovremmo dire che si apre, nel senso che ci viene affidato il dono e il compito e gli strumenti per vivere la Pasqua ogni giorno; vivere cioè la nostra quotidianità in compagnia dello Spirito del Risorto.
E in questo giorno la Pasqua ci viene data simbolicamente nella forza di un fuoco che sa scaldare il vuoto dell’assenza, sa bruciare il laccio della paura, sa sciogliere le incomprensioni e purificare la Babele delle nostre comunicazioni, dei nostri legami e l’intera vita.
La Pandemia ci ha ricordato che ci sono delle cose “universali” che parlano nella stessa lingua, la Pentecoste ci ricorda che pur nella varietà delle lingue esiste la possibilità di ritrovarci e capirci tutti, nell’unico cuore del Padre.
E lo Spirito parla DAL corpo ferito del Figlio, che offre i segni della passione, AL corpo spezzato della comunità, che soffre quelli stessi segni. Lo Spirito non è dis-incarnazione ed alienazione. Spesso quando parliamo dello Spirito Santo siamo in imbarazzo e sembra che presentiamo la figura di un fantasma.
Gesù mostra la concretezza delle sue ferite, quelle stesse davanti alle quali i discepoli erano scappati, per dirci che quella che era parsa semplicemente una sconfitta e una cattiveria infinita, Dio l’ha volta ad un bene maggiore, e quelle piaghe non devono spaventare più! Per questo Gesù può mostrare quei segni che avevano tolto ogni speranza e pace e al tempo stesso pronunciare il suo saluto: “pace a voi”. La pace secondo san Paolo è proprio uno dei frutti dello Spirito. E come sappiamo il frutto non è mai un punto di partenza quanto la maturazione del seme, il percorso di una vita che sa passare anche attraverso la morte.
Esistono diversi tipi di pace, infatti Gesù dovrà aggiungere “non come quella del mondo”. Quella del Cristo non è quella del quieto vivere, potremmo dire infatti che lo Spirito dà pace, ma “non ti lascia in pace”, chiamandoti a continua conversione, convincendoti di ciò che è bene e di ciò che è male (!). E allora quel saluto non va visto come una consolatoria pacca sulle spalle; la pace di cui ci parla Cristo, non é quando tutto va bene ed è in un ordine prestabilito, in un calcolo preciso, ma piuttosto quando Cristo “si fa vivo”, quando cioè si rende presente, e questo può avvenire all’improvviso (!) come nel Cenacolo, un dono di Rivelazione che passa attraverso una intuizione nuova o la forza di accettare che la cosa giusta, è la cosa giusta da fare (!). Questo può accadere quando si è nell’“alto dei cieli” o dal “basso della terra”, perché le sue vie sono infinite. E perché anche negli avvenimenti più spiacevoli, il cuore “non sia turbato”, occorre pensare che tutto quello che viviamo, ci sta conducendo misteriosamente al Padre, e ad una relazione più autentica con i fratelli. Questo generi una “sana distrazione”, un vitale distacco dalle preoccupazioni affannose, dalle cose superflue, dalle battaglie inutili.
E infine abbiamo sentito che il dono dello Spirito è legato al perdono dei peccati… Come a dire che c’è Qualcuno che rimane accanto, anche quando tutti si allontanerebbero volentieri, per la pochezza, la sporcizia, l’errore e l’orrore. I fallimenti non sono più il luogo della vergogna. Anzi “Lo spirito santo ci ama fino alla gelosia” (GC) e ci vuole strappare dai falsi ammiccamenti con gli idoli del mondo, e dal nemico che ci vuole rubare la pace.
Quella frase sul perdono rilancia a noi e sembra dire: se troveranno in voi dei testimoni credibili del perdono, crederanno nel perdono, chiederanno e cercheranno il perdono e saranno perdonati! Non a caso il perdono è proprio un iper-dono che passa attraverso le ferite e le cicatrici che hai. E se non perdonano i perdonati, chi perdonerà?
E così come i pesci nascono nell’acqua e muoiono se sono tirati fuori dall’acqua, così noi chiesa che nasciamo a Pentecoste: dal perdono e dalla pace ritrovata, dal fuoco e dallo spirito, vogliamo rimanere nello Spirito! E’ questo il luogo, “lo stesso luogo” da abitare per non morire e spegnerci in una vita senza sapore o in una fede intellettualoide, o in quella bloccata nel dovere o disincarnata dalla realtà.
Vieni santo Spirito, sei il dono necessario… vieni, accendi il cuore dei tuoi fedeli e sarà tutto un’altro vivere!
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». (Gv 20,19-23)