DIMMI COSA MANGI E TI DIRÒ CHI SEI - Corpus Domini (Anno A)
Ci sono delle esperienza fondamentali che segnano la nostra storia, costruiscono la nostra identità e plasmano la nostra coscienza. Per il popolo di Israele l’Esodo, la prova nel deserto, é tutto questo, diventando uno spazio fisico e simbolico dove imparare la vera libertà e conoscere Dio: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane” …
A seguito dell’esperienza fatta in questi mesi, non appena sentiamo nella Bibbia, il numero quaranta e il tema della prova, sembra inevitabile il link alla quarantena appena vissuta. E in questo tempo, nel quale almeno per noi, non è certo mancato il pane sulla tavola, con una consapevolezza nuova, possiamo testimoniare anche noi che “Non di solo pane vive l’uomo…”, perché quel vuoto che abbiamo sperimentato, ci ha fatto intuire e comprendere che c’è tutto “un resto” senza cui non possiamo vivere. Certo si mangia per vivere, ma sappiamo bene che “il solo mangiare”, è troppo poco per l’uomo, e soprattutto, non ci esime dalla morte… Anzi in un modo provocatorio, potremmo dire che di solo pane si muore! Ci serve il “com-panatico”… qualcosa che necessariamente deve accompagnarsi al pane, e che può spalancare e completare una nuova fisiologia del gusto. Uomo, non vivi solo sul piano naturale e biologico, dei tuoi bisogni e dei tuoi piccoli risultati da accumulare com una formichina, “la tua carne è fatta anche di spirito” che fino a quando non gli darai da mangiare non ti lascerà in pace! La vita non si sostiene solo sulle forze del pane, non si sostiene solo sulle proprie forze…
Simbolicamente il mangiare è introdurre il mondo in noi e trasformarlo; assimilare e sintetizzare le informazioni esterne. Allora fatta questa premessa, comprendiamo meglio quanto il Signore ci lascia nel suo testamento carnale, come a dire: “dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei!”… Il mangiare è l’esperienza più coinvolgente della vita: il cibo si incorpora, lo trasformiamo in una parte di noi, e nella fede diventa espressione del nostro rapporto con il Corpus Domini, perché come ci diceva la seconda lettura, il pane di cui partecipiamo è molto di più che semplice cibo del corpo… è piuttosto “comunione con il corpo di Cristo”. Il Signore ci dice: se mangi me, sarai trasformato in me, e il cuore di Dio sarà nel tuo cuore, la sua potenza nella tua fragilità, il suo Spirito, nel tuo… Colui che sulla croce ha detto “ho sete”, ha fame e sete, non delle nostre opere di perfezione, ma della nostra umanità fallibile perché possa essere sanata, guarita, salvata. Ma “se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita”. E qui ci sento l’eco della mamma che dice al figlio che non vuole mangiare “poi non venirmi a dire che hai fame!”: se non entriamo nella logica di Dio, se non prendiamo parte alla sua tavola, ai suoi piani, al suo stile, al suo modo di vedere, sentire e toccare, di trattare il prossimo, di vivere i beni, di vivere il perdono e l’amore… bhé non pretendiamo di essere sazi di giorni, di prendere parte alla Promessa della vita viva, della vera vita; al massimo vivremo per il pane e per il vino, cioè per il cibo che perisce, e per gli idoli dei falsi amori, che, ammettiamolo, sono bellissimi, potentissimi, seducenti, ma che poi non mantengono quello che promettono e che anzi ci chiedono di essere dei “mantenuti”… e allora resteremo in vita ma non avremo la vita, la vita eterna. Gesù vuole nutrirci della relazione con Lui. E poiché si mangia con gli altri, e non si vive per se stessi, la nostra unione con il corpo di Cristo ha bisogno di trasformarsi nel corpo della chiesa, in legami fraterni: “Poiché vi è un solo pane, noi siamo, un solo corpo”. Non dobbiamo dunque accontentarci della farina delle divisioni e gelosie, del lievito rancido dei rancori e illuderci di poter entrare in comunione con Dio che con questi ingredienti non ci farà mai nulla… non farà mai passare al suo banchetto queste portate. Sono pietanze scialbe, senza alcun sapore… e qui esce fuori - lo dico ironicamente - il carattere meridionale del nostro Dio - Se al banchetto di grasse vivande preparato per te, tu vuoi il cibo leggero e senza calorie, puoi pure alzarti dal tavolo ed andartene, perché quando lo sposo è con noi, noi si digiuna, non è ammessa la dieta… proprio come in una domenica e festa al sud. “Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo, e non bevete del suo sangue”, non è che conserverete la salute e la linea, anzi, il testo è categorico fino alla durezza: “non avrete la vita”! La fame è la compagna di viaggio di ogni cammino… La fame è compagna di ogni banchetto, se non abbiamo fame di vita eterna e di una umanità migliore, abbiamo sbagliato mensa, se non abbiamo fame della gloria di Dio che si manifesta con potenza nei suoi figli che credono in Lui, abbiamo sbagliato tavola… Sta a noi, l’invito è forte e chiaro: “prendete e mangiatene tutti!”
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno». (Gv 6,51-58)