DALL'ENTUSIASMO ALLA FEDELTÀ - XXII Domenica del Tempo Ordinario (Anno A)
Domenica scorsa Pietro ci è stato presentato come la roccia su cui costruire la Chiesa, oggi, come la pietra che fa inciampare e cadere, lo skandalon. A dirci subito che per essere come Dio ci vuole, non si può essere credenti occasionali, fedeli al bisogno, testimoni ad intermittenza. Un passaggio della Parola, cita “Detesto gli animi incostanti”… Chi non crede fino in fondo, alle Promesse non entra nella Terra Promessa. Occorre passare dall’entusiasmo alla fedeltà, in quel ponte della costanza, che si costruisce giorno dopo giorno, passo dopo passo, tempesta dopo tempesta, deserto dopo deserto, caduta dopo caduta.
Ed in questa strada della fede, possiamo anche far cadere ed essere di scandalo, e lo siamo, tutte le volte che pensiamo solo secondo gli uomini e non secondo Dio, la sua Parola, i suoi insegnamenti… Il sedicente cristiano spesso si sente come il sedotto Geremia, che grida, sbraita, si lamenta con il suo Signore, perché pensava che una vita in Dio fosse tutta rose e fiori… Ma mettersi dietro a Gesù, è, anche se vorremmo tranquillamente evitarcelo, un mettersi in fila per essere un Cireneo-volontario, sotto la croce, sotto l’egida dello Spirito - imprevedibile come un “vento” - nel massimo rispetto del “se qualcuno vuole” farlo, per scegliere di rinnegarsi. Ma non è pensabile che seguire il Signore sia sempre un negarsi alla seconda potenza (Rinnegarsi), come se tutto quello che si desiderasse e piacesse fosse sempre e solo una tentazione del Nemico a cui non cedere. Questa apparente contraddizione e castrazione del sé, in realtà, apre alla vera libertà che non accetta di mettersi sotto la “dittatura della realtà naturale” a discapito della vita soprannaturale.
Fin da bambini siamo chiamati a crescere secondo il paradigma del causa-effetto, dare-avere, credere in quello che si vede, e all’anti-logica della croce, cioè quella che ci porta ad essere a tutti i costi dei vincenti… Ma se il “perdere” può essere la triste “realtà” di un insuccesso, “la verità” di quel perdere può essere la vittoria dell’amore. Quante volte dietro ad un fatto che non è andato secondo i nostri dettatami, abbiamo imparato una sapienza di vita, che ci è valsa mille volte di più dell’esito anzitempo sperato. E in quella croce ci siamo trovati più che vincitori, perché abbiamo imparato a fidarci di Dio, perché non ci restava che Lui e il nostro nulla: non i soldi, non i titoli, non non il successo, non le definizioni e le ricette. Occorre lasciare la presa su tutto per prendere la croce e quello che porta. In quella situazione abbiamo imparato a conoscerci di più e a tirare fuori una forza che magari neppure immaginavamo di avere, una creatività insperata, una nobiltà d’animo. E’ il passaggio dall’entusiasmo del “ti seguirò ovunque andrai” alla fedeltà del restare sotto la croce. Se la realtà della croce è una realtà cruda ed amara, perché la morte di un uomo non è bella per nessuno, noi sappiamo che la verità di quell’evento, è stata la definitiva vittoria della morte stessa. Gesù ce lo ha detto “la strada è stretta”, ma Pietro, deve passare da lì per non rimanere un “pierino” qualunque e per diventare la pietra solida su cui costruire.
Il dramma di Geremia… è quello di Noè dopo il diluvio, lo stesso di Giobbe dopo la perdita di tutto, o degli ospiti di quella barca in tempesta… Quando non si ha tutto sotto controllo, e non si possiede quello che si sperava, ci si sente smarriti e confusi, ma spesso lo smarrimento è l’unica via per ri-orientarsi correttamente. Senza quella prova si sarebbe magari degli ottimi ingegneri dall’algoritmo impeccabile, dentro quella prova, dei veri uomini di fede, poveri e semplici, ma ricchi della Provvidenza del Padre. La professione di fede, non è come una comune altra professione… non basta fare “il proprio” compito e raggiungere la produzione richiesta, occorre portarsi il lavoro a casa, nel senso che non finisce mai… giorno dopo giorno, ma questo non è solo fatica… è il segreto di una vita.
In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita. Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni». (Mt 16,21-27)