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AIUTAMI NELLA MIA INCREDULITÀ - II Domenica di Pasqua (Anno A)


È bello vivere questa domenica - dedicata alla Divina Misericordia - in compagnia di Tommaso, l’apostolo che fa da “gemello” al nostro volto incredulo e al desiderio di “vederci” più chiaro. Egli diventa anche l’emblema dell’uomo a cui viene usata misericordia dal Signore, in tutta la sincera e drammatica fatica provata nell’accettare la morte del vincitore della morte. Penso che quest’episodio, pur con tutt’altri colori, possa essere ripreso in parallelo all’affermazione di quel papà smarrito: “io credo, aiutami nella mia incredulità”. (Mc 9:24) Tommaso vuole credere ma per poterlo fare deve risolvere il match di boxe con la sua coscienza che si appellava ad una onestà intellettuale, quella del dato visibile e del dolorosissimo vuoto lasciato dal Messia. Ma questo non sembra dispiacere al Signore, quasi come a suggerire che forse é necessario quel doloroso passaggio dal dubbio. Non si crede per sentito dire, per obbligo, per tradizione, per logica di gregge… E se è vero che i tempi del Signore, non sono i nostri tempi, è altresì vero che i nostri tempi non sono quelli di tutti(!). Potremmo quasi dire che per Tommaso la Risurrezione non accade al terzo giorno, ma in quest’ottavo giorno, quando, passata la sbornia della rabbia, incontra il Dio vivo, che vince le sue porte chiuse, e in quell’occasione non solo lo vede, ma lo riconosce(!), arrendendosi davanti a quei segni d’amore, che confermano l’importanza di tutta la storia vissuta insieme con il Maestro, che non è stata una semplice parentesi.

L’esperienza del risorto può darsi che non cambi immediatamente la vita di colui che crede di credere. E così, spesso, ci troviamo ancora nella spiritualità del Sabato Santo, in attesa dell’ottavo giorno… Tommaso ci aiuta a liberarci da quel maledetto “tutto e subito”, che nulla ha a che fare con i conti dello Spirito (che “non ci tornano” mai!), e ci autorizza a concederci “la nostra ora”! Solo quando incontreremo personalmente ed intimamente il Signore, potremo prendere parte con Lui e mangiare la Sua Pasqua, il resto rimane pratica religiosa, che però non salva, e non porta cambiamento nella vita. “Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere, per un po’ di tempo, afflitti da varie prove” ( ). Perché come la vita nasce sempre da un dolore (quello del parto), anche la rinascita dall’alto passa da un “doloroso” passaggio. E nonostante le prove non abbandonino mai la storia, oggi come allora, il Signore ha il coraggio di ripeterci ogni anno: “pace a voi”, per rigenerarci ad una “speranza viva” (1Pt 1,3). Questo deve essere oggi la chiesa in tempo di coronavirus, un essere “insieme” nella speranza, come “fratelli” che mettono “tutto in comune”, anche i dubbi, le sofferenze, così come i sogni e le aspettative, la preghiera, la generosità e la carità… Ogni giorno “perseveranti insieme” con “letizia e semplicità”. È il DNA della comunità! Solo così il Signore può portare abbondanza. In giorni nei quali sentiamo parlare di numeri con tremore, per paura di uno spietato bollettino di contagi e morti, il Signore ci parla di altre cifre, quelle della fede: “ogni giorno aggiungeva"… Chiediamo che in un momento di così grande “sottrazione”, il Signore possa tornare a moltiplicare… a partire dal dono dei doni: “ricevete lo Spirito”. Solo lo Spirito Santo può farci gradualmente passare dal vedere al riconoscere, come per Tommaso attraverso le piaghe, come per i discepoli di Emmaus attraverso lo spezzare del pane, e come per Maria, la pronuncia del nome… Invochiamo quella santa gradualità per il benedetto passaggio dal dubbio alla beatitudine di “coloro che crederanno pur non avendo bisogno di vedere”, perché la fede continua a rimanere fin dal tempo della lettera agli Ebrei: “certezza delle cose che non si vedono!”.

“La via dura” dello smarrimento e del dubbio, è stata per Tommaso collirio e unguento per gli occhi, fino a proclamare la più bella professione di fede: “Mio Signore e mio Dio!” (20,28). Il Signore Gesù non desidera semplicemente essere ritenuto credibile, quanto piuttosto diventare affidabile, nella postura occhi negli occhi. Da questo incontro che si fa sguardo, possiamo aprire gli occhi sul mondo e concederci oltre alla visione di cose terribili: uomini e donne che muoiono, guerre, violenze, barconi, pandemie e tante ingiustizie, anche il diritto di vedere cose belle, buone, e storie di risurrezione! E’ vero il dato visibile spesso sembra smentire la Promessa, in tal caso possa arrivarci l’eco di quel: “Non è qui. È risorto. Vi precede in Galilea”.

Oggi la principale linea di divisione non è più fra credenti e non credenti, e neppure fra lontani e vicini, dentro e fuori; anche perché siamo tutti “dentro!”. Ma siamo tutti con Tommaso, dei ‘cercatori’ sia fra i credenti: coloro per i quali la fede non può più essere un ‘retaggio’ o una ‘tradizione’, ma una ‘via’; e sia fra i non credenti, che rifiutano e respingono concetti religiosi che sanno di un vecchio imparaticcio, e che come tutti sono alla ricerca di qualcosa che soddisfi la loro sete di significato. Non è più sufficiente prendere per buone le notizie che ci danno gli altri, fosse pure quelle della Chiesa stessa! Ma occorre desiderare e insistere a volere toccare le sue ferite! Sono quelle stesse ferite che ci porteranno al vero corpo, alla vera Chiesa di Cristo, al mondo e ai fratelli.

Il Signore ha scelto di bussare ‘da dentro’! Lo stare dentro è diventato il tempo favorevole dove prepararci ad essere “chiesa in uscita”, imparando a sostituire l’altare del tempio con la tavola familiare, e la pratica del “sacrificio” con quella della preghiera! Forse stiamo già un po’ risorgendo…

 
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome. (Gv 20,19-31)
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