ESSERE “DALLA PORTA” DI GESÙ - XXI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)
“Gesù passava insegnando per città e villaggi”. Quella del Signore è una storia di piedi impolverati… piedi che hanno percorso e percorrono le nostre strade per indicarci la via della salvezza… e così anche i piedi dei discepoli che, anche se “malati”, come in una fisioterapia ante-litteram, non sono messi a riposo, ma devono allenarsi: “perché il piede che zoppica non abbia a storpiarsi, ma piuttosto a guarire”. Non è prescritto insomma per il credente che sbaglia, che ha paura, che pecca e cade, il riposo assoluto, la rinuncia al cammino, anzi… quella sarebbe una tentazione, perché solo camminando si apre il cammino, si impara il cammino e si va avanti… ! Perciò fiducia sul cammino e vigore!
E su questo percorso sono tanti i dubbi e le fatiche, le prove e le domande, come quella espressa dall’uomo del Vangelo: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?” (13,23). Potremmo chiederci come mai, nei nostri ragionamenti abita sempre la paura che la salvezza sia un destino per pochi eletti. Forse perché tanto ieri, quanto più oggi, siamo diventati un popolo che crede poco nell’amore e nelle sue conseguenze, che crede più nel male che nel bene, più nel sospetto che nella Promessa… Abbiamo coniato persino una parola “buonismo”… per dire di fare attenzione al bene perché spesso è ingannevole, ma non esiste la parola “cattivismo”… perché è come se quello del male, fosse un dato scontato, quello che conosciamo bene. Questo a confermare un pessimismo diffuso e un modo di abitare la vita…
E come risposta, le parole del Signore non sembrano: “sul momento, [...] causa di gioia, ma di tristezza” (Eb 12,11): “Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno”. Ma l’intero sviluppo del discorso di Gesù sembra volerci dire che la vera paura da custodire, non è quella di non essere salvati, (la porta c’è, esiste realmente, e così la Via per accedervi!!) ma quella di poterci ritrovare molto lontani da lui, pur essendo dentro un cammino di discepolato e di fede. Come a quei tali ai quali, nonostante avessero banchettato insieme, dirà “io non vi conosco!”. Se nell’eucarestia si dona la presenza reale, non è automatico, non è scontato, non è detto che perché fisicamente presenti, si entri realmente alla Sua presenza! E questo vale per tutti gli atteggiamenti “religiosi”. Allora l’immagine della porta stretta, non vuole veicolare un esame di sbarramento quasi come nell’esempio del cammello che non potrà mai passare dalla cruna dell’ago, quanto affermare che per la Salvezza, non ci si può basare sul semplice dato statistico dei tanti/pochi, non è la domanda giusta, come quando ci chiediamo: “ma il paradiso sarà pieno, come ci staremo tutti? L’inferno sarà vuoto?”. A noi deve interessare il fatto che c’è una “misura” singolare, così come esiste per ciascuno il proprio percorso spirituale e di fede, e che è la misura propria, personale, come ciascuno ha la propria taglia. Si tratta - è vero - di porta stretta, ma comunque una porta a misura d’uomo! Noi spesso invochiamo e speriamo in una generica porta larga, un po’ come una indistinta “manica larga”, che diventerebbe un vuoto e deresponsabilizzante “va bene tutto!”… Ma in realtà non funziona così, ed infatti è sempre messa in conto la dimensione dello “sforzo”, che non è qui ripresa in chiave ascetica, quanto nel modo normale di chi ha capito come funziona la vita. La parola greca in questione è “lotta - lottate!”. Perché nella vita di tutti giorni le cose più belle hanno un prezzo più alto! E’ proprio “dalle cose patite” che Gesù imparerà la vita e l’obbedienza al Padre; è proprio dalle cose su cui più facciamo fatica, dalle cose che più ci toccano e segnano, è proprio da lì che possiamo conoscere la misura della porta, e quanto occorra farsi piccoli, sgonfiarsi delle nostre certezze e autogiustificazioni… Il segreto allora non è nel chiedere al Signore di allargare la porta, quanto di aiutarci a diventare piccoli, come bambini, e desiderosi di Dio fino a “lottare” con noi stessi per Lui e nel Suo nome… e allora, la porta si farà grande… come un pantalone stretto che per uno che è dimagrito e si è sgonfiato, torna ad essere largo ed indossabile. Se la porta è stretta occorre abbassarsi, come insegna l’ingresso stretto delle celle dei monaci, a cui viene chiesto ogni giorno di non dimenticare che solo attraverso umiltà e affidamento si può entrare alla presenza di Dio.
Che la porta sia stretta non significa che sia invalicabile, né tanto meno che sia per pochi eletti. Perché oltre a quella piccola porta è descritta una grande festa: “verranno da oriente e occidente, dal nord e dal sud del mondo e siederanno a mensa”. Oggi lo potremmo attualizzare così: verranno dalla Siria, dalla Libia, dall’africa sud sahariana… da ogni dove. E insieme canteremo con il salmista: "Genti tutte, popoli tutti - tutte le lingue (Is 66,18). - … cantate, lodate!”.. perché “tutti”, in ogni lingua significa “tutti”!! E sembra essere proprio questo il sogno di Dio. Una inclusività piena, chi esclude, pratica ingiustizia, e si chiude davanti la piccola porta! Insomma chi è dalla parte del sospetto e della difensiva, chi divide l’umanità in buoni e cattivi, CHI SCOMMETTE SULLA PAURA… non è dalla parte del Vangelo, non è “dalla porta” del Vangelo, che ci racconta di un regno che presenta sì una porta stretta ma che darà accesso a dalle stanze ampie, enormi, grandi…. Ed è una porta che in realtà rimane sempre aperta, è quella dell’ovile, da cui si potrà sempre entrare ed uscire… perché liberi, perché figli, e perché non è festa piena se all’appello manca anche solo uno dei figli.
In quel tempo, Gesù passava insegnando per città e villaggi, mentre era in cammino verso Gerusalemme. Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Disse loro: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno. Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, voi, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: “Signore, aprici!”. Ma egli vi risponderà: “Non so di dove siete”. Allora comincerete a dire: “Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze”. Ma egli vi dichiarerà: “Voi, non so di dove siete. Allontanatevi da me, voi tutti operatori di ingiustizia!”. Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio, voi invece cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio. Ed ecco, vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimi». (Lc 13,22-30)