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LA COSA DA FARE: “NON FARE”! - XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno C)

La liturgia della scorsa domenica ci ha fatto capire che il Signore non ci “oltrepassa” mai, e che se “va oltre”, é sempre per portarci con sé; semmai “va oltre”, per andare al di là del nostro peccato investendo sul buono che c’è. E’ Lui a farsi prossimo, talmente vicino da essere capace di farci visita a casa, come a Betania. Il brano del Vangelo di oggi ci fa venire in mente quando abbiamo ricevuto un ospite inaspettato… Come abbiamo reagito? “Se” gli abbiamo aperto la porta, forse è scattata una corsa per tutta una serie di servizi e attenzioni, perché l’ospite possa ricevere il meglio! Così ha fatto Abramo alle Querce di Mamre senza far mancare a quegli uomini, l’attenzione dell’ascolto. E Sara, dietro la tenda, sorride, quasi a deridere di nascosto l’annuncio portentoso che quella visita portava con sé. Anche se ci mette il sorriso non ci mette la faccia! Anche se ci mette la farina non ci mette il cuore! E nel Vangelo, troviamo Marta che si affanna e affaccenda… con quella voglia di vedere sempre tutto in ordine, tutto come deve essere da copione, da “registro sacro dell’accoglienza”, ma questo meccanismo operativo ed efficiente ha già bloccato ed indebolito almeno un po’ l’ascolto nel momento stesso in cui si è dato spazio all’affanno, all’apprensione… e questo frustra Marta, le fa venire la rabbia perché è come essere-e-non-essere in quel luogo, presenti con il corpo ma non con la testa che si ripete a canone “E adesso come faccio?!”… e anziché godersi semplicemente quella sorpresa, rallegrarsi della presenza, della voce dell’altro, dell’amico, del maestro, Marta si è lasciata vincere dalla tentazione di preparare il pranzo migliore! Di mettere sulla tavola qualcosa per stupire invece di lasciarsi stupire ancora una volta. Anziché l’atteggiamento della discepola, ha fatto prevalere quello della locandiera. E così la visita del Messia sembra diventare la scusa per mettere in mostra la propria bravura. Ecco al di là del problema dell’attivismo, in Marta si nasconde forse anche l’attesa di una ricompensa, la pretesa di un aiuto, l’essere apprezzata per quanto fatto. E quel Gesù che amava banchettare e mangiare in allegria, sicuramente non avrà risparmiato apprezzamenti per il banchetto di Marta, ma ha il coraggio di dire che per non diventare “i peggiori” occorre fermarsi a discernere bene qual è “la cosa migliore”: e cioè capire che niente vale tanto quanto lo stare alla presenza del Signore, in ascolto della sua Parola. Forse che a volte, proprio perché non vogliamo ascoltare, ci diamo così tanto da fare!! Certo ci vuole coraggio ed impegno per alzarsi e fare, perché si mette sempre in conto il rischio di sbagliare, di rompere qualcosa, ma altrettanto, ci vuole coraggio nel fermarsi e nell’ascoltare! Quel “fare”, è diventato la nostra spugna, assorbe tutto, e così spesso ci perdiamo le vite degli altri, di cui magari abbiamo nutrito la pancia ma non abbiamo saziato il cuore e lo sguardo. E a nostra volta magari ci siamo nutriti di complimenti ed elogi ma siamo vuoti, perché ci è scappato il Signore… Dio non si “compra” facendo cose, quanto si vive e accoglie ascoltandolo e accettando che sia Lui a stupirci compiendo le sue promesse per noi, come è avvenuto per Abramo, visitato nell’ora più calda del giorno, quando tutto fa più fatica… Ma è proprio quello il tempo in cui Dio ci fa visita e ci impone la fine dell’auto-commiserazione, dell’auto-giustificazione, dell’auto-adorazione, e la vita può ripartire! Allora benedette quelle sorprese che scombussolano un po’ i nostri piani perché possano compiersi i piani di Dio! In questo senso la cosa “migliore” quel giorno, a Betania, sarebbe stata l’odore della focaccia bruciata, perché avrebbe voluto dire dimenticarsi per un attimo delle cose da fare per saziarsi del momento presente, e non mandare in fumo quell’incontro. Troppe volte risolviamo la carità cristiana come erogazione di servizi e prestazioni da fare. Ma talvolta la cosa migliore da fare è non fare, per adorare! Gesù formula un criterio di priorità: “prima le persone, poi le cose!”. Perché nel passaggio dell’ospite inaspettato, dell’uomo ferito, può avvenire la Pasqua: il passaggio alla vita vera, l’incontro con il Cristo. E come diceva l’apostolo Paolo è solo “Cristo in noi, la speranza della gloria!”, di quali altre cose possiamo bearci?!?! Allora con padre Abramo ripetiamo “Non passare oltre senza fermarti dal tuo servo”, perché un giorno con te vale molto più che mille altrove! Non affanniamoci e in un momento di silenzio godiamoci il Signore che ci invita a tavola e prepara lui il pane più buono… è la cosa migliore!

 
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi.Allora si fece avanti e disse: «Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti». Ma il Signore le rispose: «Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». (Lc 10,38-42)
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