L’AMORE CHE TIENI È L’AMORE CHE DAI - Corpus Domini (Anno C)
Quante volte, anche noi, come i discepoli, diamo voce alla mancanza. Diventiamo voci di “gufo” più che di aquila, lamento di quello che non c’è piuttosto che testimoni di quello che c’è, e ci sembra di ‘volare’ in una “zona deserta”, in compagnia solo dei morsi della fame e dell’insoddisfazione… e così la bocca blocca la speranza e diamo spazio alla paura della sera, anticipazione del buio della notte: “Il giorno cominciava a declinare”. Come nel racconto di Emmaus. Anche quella sera si sentiva avanzar l’ombra di una profonda malinconia per un finale triste, totalmente diverso da quanto si era prospettato. (Siamo un po’ tutti esperti di finali che non collimano con le nostre previsioni!). E così i discepoli sono pronti a tirare i remi in barca anziché gettare le reti, sono pronti a gettare la spugna anziché preparare le ceste!. “Congeda la folla”= ormai non c’è più niente da fare!
Mentre la gente segue, i discepoli vogliono disperdere, per evitare una brutta figura, per evitare il delirio della fame, il rischio di rimetterci la pelle. E’ ragionevole: tantissime persone, pochissimo cibo! Non sono cattivi, sono solo tanto spaventati da non vedere soluzioni, da perdere di vista Gesù in mezzo a loro, da non percepire l’oltre di Dio che invita a credere che anche quando tutto sembra deserto, la vita resta abbondante: se c’è una oggettiva e reale scarsità esteriore, c’è un’abbondanza dentro, un cuore carico di motivazioni e gonfio di fede, che può ancora dare qualcosa, che vuole ancora vivere!
Anche nel deserto posso qualcosa; c’è tutto quello che conta davvero, perché c’è ancora la mia vita, che vale più dell’oro e dell’argento! In quest’ottica anche un cuore stanco, un corpo ammalato, un sogno spezzato, può ancora dare il suo contributo. Perché vero lievito è dare tutto quello che si può al momento presente! E la Parola di oggi ci permette di arrivare a dire che quello che noi avremo il coraggio di “mettere in pasta”, condividendo e donando, diventerà pane, diventerà Cristo stesso… Fosse anche solo un bicchiere d’acqua, o una parola di conforto. Padre Abramo ce lo ha ricordato: è missione dell’uomo restituire a Dio, quanto ha e quando è, perché diventi voce di speranza, profezia di salvezza. E allora il miracolo del pane avverrà anche quando non tratterò specificamente la materia della farina, ma quella degli affetti, delle responsabilità, dell’accoglienza, dell’ascolto, della cura, del lavoro…
Infatti il pane da solo non basta, per sfamare davvero, occorre che diventi questo tipo di narrazione, una parola profetica di bene e vittoria in ogni area della nostra esistenza!
E in tutto questo trambusto dentro e fuori, Gesù anziché ascoltare i discepoli e mandare via la folla, “li fa sedere” e si compromette con loro.
Sempre di più “sedersi”, fermarsi, sembra essere diventato un lusso. Oggi concediamocelo! Fai sedere la tua paura, la tua mancanza, siedi il tuo terrore e riposati un poco in Dio…
Fra poco quando andrete a tavola, quando toccherete la sedia, pensate a questa parola e fatela diventare preghiera… Non dobbiamo scappare, ma trovare il coraggio di stare fermi in Lui, per imparare a non fuggire ma a restare, ad accogliere piuttosto che a congedare. L’eucarestia, che celebriamo solennemente in questo giorno dedicato al corpo del Signore, ci ricorda che il Signore sta in mezzo a noi, non solo come colui che osserva, guarda, ma come colui che serve, che ascolta la preghiera che parte dai nostri bisogni concreti e sceglie di non fare teologia o metafisica, ma di farsi pane, perché la fame non va spiegata, ma va saziata! E perché questo miracolo “funzioni”, è richiesta, come sempre, la nostra parte: “date voi stessi da mangiare”: del suo e del nostro insieme! Il nostro Dio è così, cielo e terra insieme. Egli certo non ha bisogno di noi, ma decide e sceglie di farsi bisognoso di noi!
E “tutti mangiarono a sazietà”, in quel TUTTI, oggi, ci siamo anche noi, che “Ogni volta che mangiamo questo pane e beviamo al calice, annunciamo la morte del Signore, finché egli venga”. E se lui viene, noi sappiamo che anche nel deserto, anche nella sera, anche nella fame, ci sarà ancora speranza… E ci sarà ogni volta a che crederemo che l’amore che teniamo è solo l’amore che diamo!