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R.I.P. - XVI Domenica del Tempo Ordinario (Anno B)

La parola del Vangelo di questa domenica ci piace particolarmente perché ci parla di riposo! Oggi più che mai nella nostra società è di moda, anche quando le cose vanno bene, il ritornello: “sono stanco!”. Persino al mattino appena svegli, si aprono gli occhi e mentre ci si stropiccia e ci si abbandona ad un profondo sbadiglio ci diciamo: “OOO come sono stanco!”. Facciamo un piccolo test… Quanti di voi in questa settimana si ricordano di aver detto almeno una volta “sono stanco!”!?!?? Ecco lo vedete?!? Siamo una generazione stanca!

e a questa stanchezza diffusa i nostri giorni rispondono generalmente in due modi. Da una parte ci propongono il divertimento come trasgressione; dall’altra parte il riposo come dolce far niente. Ma alla fine queste due vie non fanno che moltiplicare stanchezza e affanni, perché non rispondono alle esigenze profonde e intime dell’uomo, sono un surrogato momentaneo, un tampone … Ma l’annuncio del Vangelo non si scoraggia perché passa proprio attraverso i bisogni della gente e il riconoscimento dell’umanità in tutte le sue sfaccettature e fatiche. E Gesù non ha paura di affrontare la realtà e la stanchezza quella sua, dei suoi discepoli e della folla…

Ha dinanzi un duplice scenario. Tornati dalla missione del “a due a due”, gli apostoli avevano una lunga fila di richieste di persone da curare. E dall’altra parte Gesù trova una folla stanca del proprio smarrimento “erano come pecore senza pastore”; c’è un lavoro che stanca e un “non-lavoro” che prostra… Ed entrambe le situazioni, lo abbiamo sentito, sono legate da un comune denominatore: la fame! Gli apostoli, pieni di cose da fare, non trovano neppure “il tempo per mangiare”, e la folla, così piena di “vuoti”, così desiderosa di ascoltare una parola buona, quasi “di dimentica” di dover mangiare” o risulta sprovvista di cibo capace di sfamare. Qui troviamo il primo insegnamento: si ha coraggio di fermare quella frenetica catena di montaggio delle cose da fare, fossero anche un servizio buono e prezioso, solo quando si ha fame!

O Meraviglioso Signore che per parlarci di te, ci offri del pane, moltiplichi il pane, ci inviti a Cena… (!)

Capiamo bene che qui il “riposo” offerto e proposto da Gesù è cosa ancora altra rispetto al tempo delle ferie… è di più che il semplice “ricaricare le pile dell’energia” e fare un buon pranzetto, quanto piuttosto cercare un tempo nel quale ritrovare il senso e le motivazioni delle cose che si vivono. E’ una dimensione più profonda, che richiede un panorama più ampio rispetto a quello del mare o dei monti… E’ partecipare un po’ di quel riposo di Dio stesso, che al settimo giorno, contemplando quanto fatto “ vide che tutto era bello”… In questo senso, come diceva Sant’Ambrogio: “Se vuoi fare bene tutte le cose, ogni tanto smetti di farle”! Gli ebrei osservanti, sentono il bisogno di vivere tutto questo nello shabbat, nel giorno di sabato, giorno nel quale si ricordano che c’è un Creatore e che quindi possono permettersi di non creare, non produrre, non inventarsi nulla per godere di quanto Dio è e scoprire che il mondo va avanti lo stesso anche se per un giorno non producono cose! Ecco il senso genuino del riposo, e se vogliamo anche quello più vero dei monti e dei mari.

Con la sua presenza, Gesù soddisfa e risponde alla stanchezza di tutti e due i gruppi. Li “riconcilia in sé”… “Egli infatti è la nostra pace” (Ef 2,14). La sua presenza è il vero cibo, il pane che sfama quella fame più profonda che non prova solo lo stomaco ma quell’organo vitale che è il cuore. Per questo il salmista può cantare: “Non temo alcun male, perché tu sei con me”. Fin dalle prime chiamate di Gesù comprendiamo che il tirocinio che abilita ad essere discepoli, è imparare a stare con Lui. Il profeta Isaia fa sintesi del riposo come stare alla presenza del Signore in un modo splendido: “quelli che sperano nel SIGNORE acquistano nuove forze, si alzano in volo come aquile, corrono e non si stancano, camminano e non si affaticano” (Is 40:31).

Solitamente noi lavoriamo per poi trovare un tempo nel quale “riposare” e fare quello che davvero ci piace, così si trascorrono annate intere nel fare e ancora fare in funzione del mese di luglio o agosto. Qui ci viene detto: servi il Signore, spera in Lui e quello che farai per Lui e nel Suo nome sarà il tuo riposo, il tuo piacere ogni giorno (!) perché è Lui la fonte di pienezza, gioia e di realizzazione.

Riposare in pace non è inattività e disimpegno, non è il saluto che mettiamo sulle lapidi, ma augurio di vita piena in quello stare ‘ogni giorno’ e ‘per sempre’ con il Signore, imparando da Lui la giusta compassione e misericordia verso il prossimo confuso e la folla smarrita, verso gli operai della sua vigna e i pastori del suo gregge. Allora il riposo porterà molto frutto… Perché come ci insegnano i contadini: un campo rimasto a riposo, porterà un'abbondante raccolto. Se ne abbiamo capito il senso profondo, possiamo augurarci l’un l’altro un Eterno Riposo (senza accompagnarlo da gesti scaramantici!) per una vita piena di senso in ogni suo istante, e che in ogni sua attività mi ricorda davvero chi sono e per chi sono.


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