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ULTIMO È PRIMO! - VI Tempo Ordinario (Anno B)

Se Sanremo ci ha fatto vedere che qualche volta “Ultimo” può diventare primo :), Gesù da sempre ci mostra una predilezione per gli ultimi della terra. La sua “ecologia” del cuore gli impone di opporsi alla cultura dello scarto perché: Dio non fa scarti (!), e così accoglie e tocca l’impuro. Ancor prima di una infrazione morale, l’impurità rimanda ad un concetto chimico: una soluzione non pura è mista, è inquinata, è confusa e mischiata con più elementi… Ma Gesù non ha paura di quella “confusione”, tocca il lebbroso, l'ultimo degli ultimi. Tocca quello che per la Legge mosaica era l’intoccabile, un morto alla vita sociale e religiosa, e lo fa senza paura delle contaminazioni… perché “l’amore perfetto caccia via ogni paura” (Gv 4:18). Ma spesso la sofferenza infastidisce perché crea un dubbio al mito del superuomo, della perfezione, del benessere senza fine, e ci infastidisce perché ci parla dei nostri limiti e delle nostre malattie, ricordandoci che non siamo eterni.

Il Vangelo ha in sé una potenza in grado di superare questo pensiero e di cambiare l’ordine del mondo: perché nella debolezza si mostra la Forza di Dio e perché anche un dolore può essere usato perché si manifesti la gloria di Dio. E tutti quelli che hanno preso sul serio il Vangelo, hanno toccato una qualche lebbra, in loro, o attorno a loro e l’hanno curata. Pensiamo al nostro caro Francesco d’Assisi che in quella cura, si è trovato egli stesso guarito e salvato, mentre tutti lo pensavano pazzo e malato.

La mano che si prende cura, parla più delle parole e prima ancora della voce stessa. Il Vangelo, se autentico, é una mano, mano in grado di toccare il male: da troppo tempo nessuno toccava più quel lebbroso, e il suo cuore moriva prima della sua carne… Spesso il dolore non domanda neppure spiegazioni, ma chiede e vuole partecipazione, condivisione, un tocco, una carezza, una mano. E’ vero non conosciamo né i modi, né i tempi, ma da tutta la Bibbia, si evince che Dio ama i suoi figli e li vuole salvi! Egli vuole che nessuno si perda come un pezzo di carne colpito dalla lebbra! Quel lebbroso guarda con coraggio la propria situazione, e per prima cosa riconosce l’impossibilità di salvarsi da solo. Una vera preghiera sorge sempre da qui: dalla coscienza del proprio limite, e quell’uomo esterna il suo grido - che richiama nel contenuto il salmo 29: “Quale vantaggio dalla mia morte, dalla mia discesa nella tomba? Ti potrà forse lodare la polvere * e proclamare la tua fedeltà nell’amore? Ti può forse lodare o essere utile un anima nella fossa…”… della carne a brandelli? Un corpo menomato? Una vita che non funziona?

E ciò che segue, ci rivela e ricorda il nome stesso di Dio: COMPASSIONE “ne ebbe compassione”. L’uomo è già un po’ guarito nel momento in cui percepisce che Dio è vicino, e che patisce con noi per portarci ad una azione positiva anche nel dolore. E in quell’annuncio del Regno di Dio vicino, del Figlio di Dio che si fa Prossimo, la Chiesa diventa quel meraviglioso “ospedale da campo”, per usare una espressione cara a Papa Francesco. In questo la salvezza e la vittoria! Qui la nostra missione!

E dopo la potente guarigione, troviamo quello strano invito a “non dire a nessuno”, che è ben diverso da quel “taci” detto ai demòni, e che qui suona come invito

alla profondità, all’intimità e alla preghiera… Ci sono segni e prodigi in noi e attorno a noi… ma la loro verità è spesso al di là di quello che oggettivamente vediamo, spesso è una verità nascosta, ancora più profonda… perché Gesù non dà solamente salute ma c’è un “di più di Dio”: porta salvezza, che spesso può passare persino dall’assenza e dalla mancanza. La gente vuole le grazie… Ma siamo quindi solo nel registro sano-malato? No! C’è “un di più”…

Ricordiamo di quei dieci lebbrosi (cfr. Lc 17), inviati dai sacerdoti (perché erano le figure preposte a registrare malattia e guarigione), ma se perdi quella verità-oltre sano-malato, se non riconosci da chi viene quel cambiamento, se ti perdi il simbolico dietro all’atto, una volta ottenuto il tuo obiettivo, molto spesso ti dimentichi del suo Autore, e così stai perdendo Gesù stesso, ed infatti uno solo tornò a ringraziare. La croce di Cristo è la ‘mano’ che tocca l’uomo nella sua parte inguardabile perché a Cristo interessa la persona ancor prima del puro-impuro, anche perché puoi essere puro solo se amato!

E l’amore spesso ti fa prendere e assumere il peso dell’altro, la posizione dell’altro: così il lebbroso fa diventare Gesù un uomo “fuori dalla città”! Ma proprio perché Gesù non può rientrare in città, è costretto ad abitare i luoghi degli esclusi in un circolo virtuoso e sanante. In questo modo tutti coloro che fino ad allora erano stati allontanati e isolati si ritrovano vicini a Lui… ecco la gioia, la possibilità di guarire e risorgere con Lui. E così l’ultimo è primo, il più lontano il più vicino.


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