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MANO NELLA MANO - V Tempo Ordinario (Anno B)

Questa mattina Giobbe ci ha ricordato che la vita talvolta è scandita da “notti lunghe”, notti di dolore, nelle quali ci si gira e rigira sino all’alba e dove sembra che ad ogni movimento e pensiero si assottigli sempre di più la speranza… Nel grido di Giobbe troviamo la voce dell’uomo… che in un modo o nell’altro, prima o poi, ha da confrontarsi e scontrarsi con il tema del dolore… E Giobbe chiede aiuto. Nel linguaggio comune “chiedere aiuto” si può tradurre con l’espressione “dammi una mano!”… Protagonista del Vangelo é proprio la mano di Gesù che afferra quella della suocera di Pietro e la guarisce. La mano di Gesù è il tocco di Dio, capace di entrare in tutte le situazioni umane: dal luogo del lavoro quotidiano quando Gesù chiama i pescatori sulle rive del lago, o quando in altre situazioni istruisce pastori e contadini, al luogo della preghiera, come la sinagoga o il tempio, allo spazio domestico di una casa, dove una donna fa la pasta, fa le pulizie per cercare la moneta smarrita, o un padre e un figlio stanno litigando, o come oggi una anziana viene guarita: Gesù si fa vicino dandoci una mano per rialzarci e ri-prenderci dalle nostre febbri facendoci “risorgere” più “u-mani”…

Per renderci più U-mani servono più-mani non bastano le tue e occorrono mani capaci di servire, capaci di gesti generosi, e di cura, di amore … quella donna guarita “subito iniziò a servirli!”

Nella Scrittura, si parla degli “angeli del servizio”, quella donna, che per la società era l’ultima delle creature, è associata agli angeli del cielo perché capace di rendere la gioia del dono ricevuto nella gioia del dono condiviso affinché altri… tutti… possano essere “toccati” dalla bellezza del Regno di Dio.

La febbre di quella donna è come l’emblema della malattia del servizio, quella dell’amore concreto, immagine delle persone ferme, bloccate, incapaci di santa iniziativa, di slanci creativi di bene, incapaci di amare l’altro… Occorre guarire per guarire altri!!… E non c’è soluzione di continuità: ciò che è avvenuto per lei diventa immediatamente concreto per gli altri, così come quello che era avvenuto nella sinagoga, nel contesto della preghiera e dell’ascolto della Parola, si è immediatamente riversato sulla quotidianità della sua vita: “Subito [usciti dalla sinagoga] le parlarono di lei”. Siamo dinanzi ad una comunità che sente nel cuore i gesti dell’amore, l’urgenza di far conoscere la Buona Notizia, di rendere partecipe gli altri del tanto bene ricevuto… Dobbiamo anche noi imparare a parlare di Gesù agli altri ma ancor di più, imparare a parlare A Gesù delle persone che soffrono!

E per imparare questo a volte è proprio fondamentale dire “andiamocene altrove” perché noi abbiamo veduto e conosciuto un luogo santo nel quale abbiamo piacere di ritornare, (sai come quando fai la scoperta di un ristorante particolare dove si mangia bene e a poco prezzo! o un agriturismo dal paesaggio incantevole)…ecco per noi molto di più di quel luogo è il Vangelo, la presenza del Signore! Quell’altrove che ci insegna e aiuta ad abitare e vivere e gustare tutti gli altri luoghi.

Ma ritorniamo alla casa di quella donna… e pensavo ma chissà quante “maledizioni” avrà lanciato contro Simone che le ha portato in casa quell’uomo importante proprio nel momento meno opportuno. Quante volte anche noi vorremmo che Gesù bussasse alla porta di casa nostra solo dopo le pulizie fatte a fondo e quando siamo in ghingheri e nel pieno delle nostre forze… invece no. Lui entra nella nostra casa proprio quando meno ce l’aspettiamo… E forse, quando più ce ne è bisogno!!!

E nello stesso tempo, quante volte, dopo una visita lieta che ci ha fatto tanto bene, viviamo l’atteggiamento di Simone e dei compagni: cerchiamo sempre di riportare Gesù indietro, alla giornata di ieri… a quando ci è sembrato tutto bello e perfetto. Ci rassicura trattenere la vita già conosciuta e superata ma un tempo “contento”, pieno, guarito, vero, non può mai essere trattenuto: e forse l’unico modo per essere mantenuto e prolungato è quello di offrirlo a tutti, farlo diventare di tutti, condividerlo. San Paolo, che ieri con il coro, abbiamo raccontato e cantato in teatro per il nostro Vescovo, ci dice che per Lui il Vangelo gli si impone come un esigenza”: “tutto io faccio per il Vangelo, per diventarne partecipe!”. Che davvero possa nascere in noi il desiderio di prendere in mano la nostra vita prendendo la mano di Gesù e lasciandoci rialzare da ogni nostra possibile ed eventuale caduta con la gioia e il desiderio di raccontare a tutti quanto è meraviglioso il nostro Dio che ci ha visitati e guariti dalla nostra febbre. Il pane eucaristico celebri e sigilli tutto questo in noi.


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