LA FEDE “ASCIUTTA” DELL’UOMO INZUPPATO - XIX Tempo Ordinario (Anno A)
Dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci, che ha convinto la folla ed entusiasmato i Dodici, potremmo dire che Gesù conferma di non voler essere semplicemente un taumaturgo, ricordato solo per i miracoli, non vuole essere scambiato per l’illusionista dagli effetti speciali… Egli è il Messia, figlio di quel Dio che parla nella brezza leggera come ha fatto con il profeta Elia, dal di dentro di un “silenzio svuotato”, nella preghiera sul monte e non negli eventi eclatanti e sconvolgenti come spesso vorremmo; e che se compie miracoli è per mettere a fuoco la vera questione per il discepolo, il caso serio per ogni uomo: la fede… Sia quando si mangia pane in abbondanza e gratuitamente, che quando ci si trova in una notte agitata in balia delle onde, è sempre questione di fede… Ma è pur vero che è molto più facile accogliere la centralità e importanza della fede quando si mangia gratis e a sazietà, che nella tempesta!! Per questo Gesù dovrà usare oggi le maniere forti… Gesù - dice il testo - “costrinse” i discepoli ad andare in barca sull’altra riva… Come se Dio chiedesse con forza di entrare nelle cose in cui “a pelle” non vorremmo entrare… Il senso è ancora una volta pedagogico, di cura, di relazione padre-figlio… perché lo sappiamo bene… a volte l’unico modo per superare la paura e guarire non è la fuga, ma attraversare la situazione che non ci piace e che ci sembra impossibile. Quando le nostre forze non possono più: o ci arrendiamo, o ci apriamo ad una forza più grande della nostra e cominciamo davvero a sperare, ad affidarci e a vivere di fede! E in quel mare agitato Gesù interviene, si fa prossimo, (non subito, è passata una intera notte!), e quando finalmente lo riconoscono, Pietro chiede lo stesso potere di Dio. In questo Pietro si rivela uomo di grande fede, ma è uomo di poca fede non perché dubita del miracolo, ma perché non lo sa gestire quando lo ottiene: non ci crede fino in fondo, non gli sembra vero… è impossibile camminare sulle acque, in più il vento è davvero forte… in quel preciso momento la sua fede va in crisi: “Signore affondo”! Ma Pietro è un pescatore, sa nuotare benissimo, eppure in quel momento rischia veramente di affogare, perché sta perdendo la cosa più importante della sua vita e anche della sua arte di pescatore e di pesci e di uomini: la fede. Ma in quel momento la sua fede non avrebbe dovuto rafforzarsi e confermarsi ?!?!? Quello che a noi interessa è che se dentro il miracolo Pietro ha dubitato, dentro il dubitare, ha fatto la vera professione di fede, sintetica, “asciutta”, anche se lui è inzuppato d’acqua: “Signore, salvami”. E’ tutto qui!! Non “Signore fai quello che ti chiedo come lo chiedo io, nei tempi e modi che io ho pianificato” ma “Salvami”. Quando Pietro si lascia prendere più dal prodigio dell’acqua che dalla vicinanza con il suo Signore va a fondo… Quall’andare a fondo fa venire a galla il suo vero io, il suo cuore, la sua fede nel bene e nel male… A volte è necessario cadere per capire chi siamo noi e chi è Dio, e per capire cosa vogliamo davvero da Dio. Solo allora si diventa capaci di camminare sulle acque ma non perché noi siamo dei superuomini, ma perché comprendiamo e sentiamo che Dio è con noi… Solo nel camminare della fede c’è possibilità di camminare sulle grandi acque…
La preghiera sempre ci darà questa unione e vicinanza con il Signore, il miracolo non sempre!
Certo che abbiamo bisogno di miracoli… ma prima di tutto abbiamo bisogno della fede, da cui tutto dipende, anche l’eventuale miracolo, e senza la quale nel Vangelo di Matteo (13,58) si dirà che Gesù fu bloccato: “non fece molti miracoli… a causa della loro incredulità”. E concludiamo con un aneddoto …
Si racconta che un giorno regalarono al convento di Bernardo di Chiaravalle un cavallo; Bernardo sfidò un suo contadino dicendogli: Se sei capace di dire una Ave Maria senza distrarti, io ti regalo il cavallo”. Il contadino chiuse gli occhi, iniziò a pregare, ma dopo tre secondi li riaprì e disse: “Signor abate, il cavallo, me lo dà così o anche con i finimenti? (cioé la sella, le staffe, le redini, le imbragature…)”. Non riuscì per tre secondi a restare fedele al concetto di preghiera. Il pensiero del cavallo regalato aveva creato un disastro all’interno del suo cervello e del suo cuore, ed è quello che è accaduto a Pietro e anche a noi quando chiediamo le grazie, non pensiamo a Dio, alla possibilità di essere totalmente in Lui, ma pensiamo alla grazia in sé, concentrati più sul dono che sul donatore. Così siamo ancora da capo con il bisogno di soddisfare la sola natura umana, con solo quello che vediamo, tocchiamo e sentiamo… Che davvero possiamo fare nostra l’esortazione di un mistico del 1600 Angelo Silesio “Cammina dove non puoi! (cammina sulle acque, cammina sul vento!) Guarda dove non vedi! Ascolta dove nulla suona e nulla risuona: sarai così dove Dio parla”.