UNA PIOGGIA DI SEMI - XV Tempo Ordinario (Anno A)
Abbiamo tutti negli occhi l’immagine del quadro del seminatore di Van Gogh un uomo con una sacca al collo che percorre un campo dalle tante sfumature baciate dal sole, che con un gesto largo della mano, preciso e solenne, sparge il seme. Il nostro Dio si presenta nella Scrittura come Colui che sparge il seme della parola: “La mia parola, come la pioggia e la neve, non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero”…
Spargere parole è ciò che riempie il campo delle nostre giornate… ma mentre noi siamo capaci di fare grandi proclami e promesse che poi non manteniamo, che poi ritrattiamo e aggiustiamo secondo le circostanze e le lune, il nostro Dio è fedele, non pronuncia parola a cui poi non darà seguito, non vende promesse che poi non sarà disposto a realizzare fino in fondo, fino a pagare di persona, fino a dare consistenza con la sua testimonianza, e a riempire, colmare il tempo di attesa, attraverso la persona del Suo Spirito.
Ma in realtà il Vangelo sembra andare nella direzione opposta a quella raccontata del profeta Isaia perché ci dice che, con una media piuttosto alta - 3 su 4 - quella Parola, quel seme, non troverà terreno buono, andrà incontro ad un nulla di fatto… Nei nostri giorni, quanti slanci di cuore, di bontà, quante idee buone e piene di vita “buttate là” come il seme, non vanno a buon fine, non riescono ad attecchire? Quante parole sprecate perché non trovano accoglienza e ascolto… e a maggior ragione è così per “la Parola”. Sappiamo tutti che la fede nasce dall’ascolto (cfr. Rm 10)… e che - per inciso - senza fede non si può piacere a Dio… Quindi oggi il nostro cuore viene arato e stimolato sul tema dell’ascolto nella promessa che quando ci apriamo all’ascolto della Sua Parola, e dedichiamo tempo, approfondimento, noi stiamo seminando nel nostro futuro… stiamo facendo uno degli investimenti più importanti della nostra vita.
Per sintonizzarci su un ascolto autentico, prima di tutto ci vogliamo chiedere: “Quale aspettativa ho?”. Un contadino non si mette ad arare, dissodare, mettere semi alzandosi prima dell’alba e abitando le ore tarde della sera per un nulla, ma con una aspettativa! Quale attesa ci abita nel ritrovarci insieme attorno all’altare del Signore… ?!? Attorno alla mensa della Parola?
Quando una donna è incinta si dice “in attesa”… Oggi la scrittura diceva che “La creazione geme e soffre le doglie del parto ”…è “in attesa”; ma si può essere anche incinti di un sogno, di un desiderio, di una cosa grande in Dio e per Dio… qualcosa che portiamo dentro. Quale attesa mi abita? Ecco… Se avrò una risposta grande, bella, positiva… potrò anche “permettermi” di rimanere nelle doglie del parto senza che la paura o la disperazione mi facciano abortire - senza il timore che la sofferenza o la lentezza del compimento siano i segni di un fallimento deciso. Sapete sembra che il Signore dica: “parlo loro in parabole perché non voglio che capiscano!” voglio proprio che falliscano, poi dobbiamo subito correggere: “parlo loro in parabole perché altrimenti si illudono di capire, mentre in realtà non capiscono ! Forse che così si fermino un po’…”
E allora quel presunto fallimento diventa occasione per portare alla luce la cecità e la sordità del cuore, la qualità del terreno…Quante volte la Parola di Dio ha toccato il cuore, ha provocato entusiasmo ma si è scontrata con la realtà di una vita che poi di fatto non cambia! L’uomo è parola mai finita di dire, e in Gesù Cristo alfa e omega, il principio e fine di tutto l’alfabeto esistenziale, trova la lettera per ogni parola.
Quello che ci presenta Van Gogh è “un” contadino, quello della parabola è “il” Contadino.. un Contadino particolare che a differenza del generico contadino, non si stanca di seminare, e sta “sul pezzo” anche se fuori-campo! Lancia manciate generose e imprecise anche sulla strada e sui rovi, non ha paura di sprecare, non è misurato, è abbondante, è esagerato! Non ha paura del fallimento perché sa che quel seme ha mille risorse, è potente, e se anche uno solo attecchisse ricompenserebbe tutto il resto… ne vale quel rischio!
Sapete quando diciamo … su quella persona non ci scommetterei due soldi… perché magari ha la testa e il cuore duro (come sasso!), ha un carattere pungente (come spina!) é soffocante (come rovo!)… proprio su quelli il Signore investe abbondanza di semi… perché anche il più duro e mal messo possa ricevere il seme della fede, il seme della grazia, della conversione, il seme del miracolo…perché possiamo diventare i protagonisti di una nuova parabola di Gesù… sapete che “Parabola” viene dal verbo greco para-ballein, che significa “gettare avanti”. Che noi possiamo diventare coloro i quali avendo ricevuto questo seme gettato in un nostro luogo assurdo, in una condizione improbabile, in una situazione ormai impossibile, possiamo essere di quelli che generosamente restituiscono, gettandosi avanti per gli altri, che sappiamo metterci in gioco; che il Signore possa suscitare oggi una chiesa gettata avanti…
Allora il cristiano è colui che non si può e deve arrendere mai, che non si può permettere di dire lì no… non è più possibile… perché anche la pietra può essere un terreno buono. Allora fratelli non misuriamo subito in base a quello che vediamo e capiamo ma lasciamo fare al Dio Contadino… Io non mi salvo solo attraverso le cose che capisco! Tante volte proprio quelle cose mi soffocano l’anima e mi chiudono: perché non mi permettono di andare oltre a me stesso che divento misura di tutte le altre cose. E così non mi salvano solo le cose di cui vedo un risultato immediato!
Come il seminatore si stacca dal seme, così il credente si deve sanamente “staccare” da sé e da tutto quello che fa, come scelta cioè di affidarsi prima di tutto a Dio, ai suoi modi e tempi: “Il Signore completerà per me l’opera sua”… (Sal 137:8). Nella consapevolezza che qualunque terreno io sia, Dio continua a spargere in me la sua Parola… Nella certezza che continua a credere in me e che c’è su noi una pioggia di semi…