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I TRADITORI “TRADITI” - II Pasqua (Anno A)

Otto giorni dopo la Pasqua il clima che si respira tra i discepoli non è proprio dei migliori… perché la Pasqua non è un colpo di spugna su quanto accaduto, sugli eventi tragici ed assurdi, ingiusti e cattivi della Passione. Il venerdì santo di Gesù, il venerdì santo dei tanti crocifissi di oggi, non si può e non si deve dimenticare o anestetizzare tanto facilmente tirando in ballo con superficialità la risurrezione: “…tanto c’è la risurrezione!”: il Risorto è il crocifisso, é Colui che è stato messo in croce ingiustamente, è l’innocente trattato da infame… la Pasqua non è una formula magica che mette a posto tutto!… e i discepoli sono in uno stato pietoso… c’è aria di delusione e nonostante le testimonianze di risurrezione sono ancora morti dentro, legati dalle bende dello sconforto e dello smarrimento… Quel cenacolo diventa il loro sepolcro, il contraltare di quel sepolcro aperto e vuoto… hanno paura, sono “a porte chiuse”, si nascondono dai giudei, hanno il sentore di poter fare anche loro una brutta fine…

Loro, i primi ad aver tradito, si sentono traditi… Tommaso si sente tradito, ha bisogno di vedere quelle ferite perché lui, per primo, si sente ferito, ha bisogno di entrare nel mistero delle ferite, perché è consapevole che le ferite, ancora più grandi di quelle dei chiodi e della lancia, le hanno inferte proprio loro, i discepoli scelti… Chi c’era sotto quella croce?

E mi veniva da rileggere quel triste momento di abbandono con due salmi, il 54 e il 40: “Se mi avesse insultato un nemico, l'avrei sopportato; se fosse insorto contro di me un avversario, da lui mi sarei nascosto. Ma sei tu, mio compagno, mio amico e confidente; ci legava una dolce amicizia, verso la casa di Dio camminavamo in festa. - E ancora - : Anche l'amico in cui confidavo, anche lui, che mangiava il mio pane, alza contro di me il suo calcagno”.

La pietra è rotolata via dal sepolcro, ma i traditori si sentono traditi e abbandonati… e riciclano quella pietra e la pongono davanti al cenacolo e nel loro cuore, e Gesù “otto giorni dopo” deve passare attraverso i muri per far risorgere loro e quel cenacolo-sepolcro e lo dovrà rifare ancora altre volte fino a 50 giorni dopo con la Pentecoste e poi l’Ascensione e… oggi ancora. E perché lo fa? Perché quei discepoli sono “radunati insieme” nel momento difficile! In questo è come se vi scorgesse la mano del Padre in risposta alla sua preghiera di congedo, quando nel Vangelo di Giovanni disse: “Custodiscili nel tuo nome, perché siano una cosa sola come noi”. Da quel giorno la Grazia del Risorto è possibile per ogni comunità che si raduna insieme nel Suo nome. Gli atti degli apostoli ci hanno ricordato questo… “erano concordi nella comunione ed erano PERSEVERANTI”. Non è che per le prime comunità fosse tutto facile, tutt’altro! Ma nella difficoltà, si sentivano una cosa sola… Gesù chiede solo l’unità: “rimanete in me”. Perseverate in me. Ci può essere Pasqua solo in questa comunione e ci può essere comunione solo in questa unità. Tommaso può fare Pasqua solo quando ritorna nel cenacolo, con gli altri. Non si risorge da soli! Ed ecco la sua professione di fede piena di entusiasmo (parola che contiene in sé “DIO” - ev theos): “Mio Signore e mio Dio”… Tommaso in fondo non negava il fatto che Gesù fosse vivo, ma è “Didimo", “doppio”, e dice e raccoglie tutte le luci ed ombre che ci portiamo dentro, manifesta con coraggio il disperato bisogno di sperimentare la risurrezione di Gesù nella sua vita… Altro che incredulo! “Mio Signore, Mio Dio”… non un “mio” di possesso ma di appartenenza. Di chi sono io? Allora che davvero in ogni segno di croce fatto nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo possiamo rinnovare la nostra appartenenza a Dio! Fino a quando il Signore non diventerà il “tuo” Signore, e Dio, il “tuo” Dio, non riuscirai a celebrare la Pasqua! Fino a quando la fede non passerà e supererà l’incredulità, forse non sarà vera fede … diceva il teologo Moingh “Le cose di cui non ho mai dubitato, non posso dire di crederle”… perché non sono passate dalle ferite della conquista, delle cose cioè fatte mie, per le quali ho lottato e sudato, ho sopportato e amato fino alla fine… Gesù si fa vedere con le sue ferite, non le nasconde. Quelle ferite raccontano la sua storia. Il risorto è il crocifisso … in quelle ferite c’è la sintesi di quell’Amore che ha vissuto e che lo ha spinto fino alla fine e che ci ricorda che “alla fine” lo si ritroverà tutto! Di quell’Amore non ne verrà sprecato nemmeno un grammo! Gesù non cancella le ferite… ed invita ad aprire il cuore, nonostante le ferite che segnano la nostra vita. E in quelle ferite il Gemello-Tommaso si riconosce… sono anche un po’ sue, quelle ferite! Quante volte ci viene da dire “beati i discepoli, perché hanno visto quei segni”… Gesù dice invece che i beati siamo noi, perché la fede è questo… Rm (8,24b) “Ora, ciò che si spera, se visto, non è più speranza; infatti, ciò che uno già vede, come potrebbe ancora sperarlo? Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza”. Erano concordi nella comunione ed erano PERSEVERANTI”. E’ solo per questa fede che altri crederanno…! “E il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati”.


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