BEATO TE... CHE HAI INCONTRATO IL SIGNORE - IV Tempo Ordinario (ANNO A)
E chi di noi non desidera essere destinatario dell’espressione “beato te!”. “Fortunato te!”… che hai quella casa, quella moglie/marito, quella salute, quel posto di lavoro… e dalla parola greca “macario” deriva - e lo sentiamo anche come assonanza - il nostro “magari!”… Magari fossi tra quei beati! Perché il desiderio di ogni uomo è proprio quello di entrare nella classifica della felicità. Più profondamente potremmo dire che la vocazione di ogni uomo è quella di essere felice. E per noi cristiani, questo discorso della montagna, diventa il compimento di un altro discorso, avvenuto un po’ di secoli prima, sempre su di un monte, il Sinai, con Mosè, alla consegna delle tavole dei comandamenti… Quello della felicità diventa per noi un comandamento, un imperativo! Il Signore ci dice: “Figlio ti voglio felice e proprio per questo ti voglio portare all’incontro con Dio”.
Per otto volte, (in richiamo all’ottavo giorno!), come un ritornello dell'estate... viene ripetuta la parola “beati”. In quella cultura i beati erano gli dei, che vivevano condizioni lontane e impossibili all’uomo… e quando sentiamo questa pagina immediatamente i conti non ci tornano perché sembra ci sia una piena e netta opposizione alla nostra idea di felicità: qui troviamo la proclamazione di beatitudine dei poveri, di coloro che piangono e sono perseguitati, di quelli che sono soli e perseguitati; da qui, una interpretazione erronea ha portato a pensare che il cristianesimo sia per chi ama la sofferenza… e questo ha fatto del cristianesimo la religione degli sfortunati, un inno al dolorismo… “più stai male più Dio ti ama”: niente di più falso e fuorviante. L’accento non va posto sulle situazioni di disagio fini a se stesse… non dobbiamo dimenticarci dell’interezza di questi versetti (non dobbiamo fermarci all’apparenza!)… di quel completamento… “perché vedranno Dio”, “perché riceveranno il regno dei cieli” “perché erediteranno”… ciò che fa felici è l’incontro con Dio… Felici, perché Dio è in loro! … cioè per arrivare a Dio, alla pienezza, non devi cercare chissà quali premesse, chissà quali condizioni di perfezione o di religiosità, assenza di turbolenza, perché l’unica reale situazione per l’incontro con il Signore è quella che stai vivendo ora! Quella situazione è il tuo reale punto di partenza per arrivare all’incontro con Dio! Ecco perché il cristiano è colui che ama la strada come la meta... Dio si fa vicino là dove tu ti trovi, fosse anche una situazione di disordine, disagio e turbamento.
Anche se dobbiamo ammetterlo, dopo l‘elenco delle situazioni “difficili” ci saremmo aspettati, a mo’ di effetto speciale, un capovolgimento della situazione… Noi avremmo riscritto “beati i poveri perché diventeranno ricchi”… Ma il piano di Dio è ancora diverso… “Beati” perché già ora, voi, potete avere gli occhi aperti sull’invisibile! Il ricco epulone, preso dalla sua ricchezza non vede neppure il ben visibile Lazzaro soffrire ai suoi piedi (!)… beati perché la vostra situazione non porta solo il dolore, ma porta con sé un di più di vista, di libertà, di sensibilità, di umanità e di consapevolezza che senza Dio non posso fare nulla, che sono piccola cosa, fragile, limitato… il salmo ci fa pregare: che cos’è l’uomo?… È come il fiore e l’erba del campo “al mattino fiorisce, germoglia, alla sera è falciata e dissecca”. (cfr. Sal 89,6).
La pagina delle beatitudini, nella sua prima ed emblematica espressione, ci dice che se avremo il coraggio di raccogliere la nostra povertà davanti al Signore, e tutto quello che stiamo vivendo e che la vita ci fa passare (senza farci sconti!), e se lo faremo confidando in Lui, vivremo di Lui, vivremo con Dio un’esperienza trasfigurante, nuova, forte, che magari altri non potranno mai gustare, perché troppo pieni di cose, perché la loro felicità è riposta solo o principalmente nelle cose che hanno. Ci viene promesso di incontrare Dio in modo speciale, e allora a renderci felici, beati, non sarà l’assenza delle prove ma semplicemente quell’incontro nella prova… l’essere in relazione con Dio che più che cambiare le circostanze, viene a cambiare noi: Dio viene a donarci di viverle con lui. Quello del beato è l’atteggiamento di chi ha imparato a gustare la presenza del Signore e sa confidare in quello che Dio può fare anche in situazioni assurde! E poi se cambieranno le circostanze tanto meglio!
Occorre “cercare il Signore” (anche nell’assurdo), esclama Sofonia: e Gesù stesso dirà: “cercate prima di tutto il Regno di Dio, e la sua giustizia il resto vi verrà donato in aggiunta” (Mt 6:33)… E questo lo si può fare solo se si ha il coraggio di partire dalla prima beatitudine, chiave di tutte le altre: dalla propria povertà. Come dirà san Paolo, “per grazia sono quello che sono” (1Cor 15,10), e “mi vanterò ben volentieri delle mie debolezze” (2 Con 12,9) perché possa manifestarsi la forza del Signore che da ricco che era si è fatto povero per farmi capire che se anche in quelle situazioni paradossali e difficili, io saprò rimanere rivolto alla speranza, io sarò sempre e per sempre in quella comunione con il Padre, che non ha prezzo, e che ha tutto il sapore della vera felicità.
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