E SIA LA LUCE! - III Tempo Ordinario (Anno A)
E l’evangelista Matteo, che seguiremo in questo anno liturgico, ci rivela Gesù come “luce”, e lo fa citando un brano del profeta Isaia ascoltato nella prima lettura: “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce”…
Quali luci vediamo noi oggi? Da quali luci siamo attratti? Quale luce portiamo nella vita degli altri? Una luce ad intermittenza che c’è e non c’è? Quelle a basso consumo? Meravigliosa scoperta per la società e l’ambiente ma un cristiano a basso consumo non è che sia proprio un granché…
Fatto sta che il Signore parte dalla tenebra, dalla zona d’ombra, dal baratro, dal buio esistenziale: dalle cose che non sono per farle ricominciare ad essere!
Il Vangelo di oggi si colloca nel momento di tenebra in cui Giovanni Battista è appena stato arrestato. Ma questo, anziché essere un freno per Gesù, indica il momento per fare discepoli e annunziare e far vedere la presenza del Regno di Dio.
Per mostrarci tutto questo, il Signore parte dalla zona disprezzabile di Israele, la Galilea dei pagani, e chiama dei pescatori che “subito” lo seguiranno… senza un minimo di preparazione, di riflessione, di dialogo sulle condizioni, sui guadagni e le perdite di questa sequela, a noi sembra così strano!… Ma questo avviene perché è il Signore che ha scelto loro, e capiscono che questo Signore è venuto proprio per loro: è venuto non per i giusti o i sani, i perfetti, i ricchi… e allora non hanno ragione di posticipare a tempi migliori, la promessa del Regno, basta il loro eccomi. Hanno capito che non esiste luogo o situazione alcuna dove Dio non ci possa venire a visitare, chiamare e recuperare. La liturgia in ogni eucaristia ci immette nel mistero di Dio “subito” così come siamo, con le nostre reti in mano talvolta piene, talvolta vuote, talvolta con del pesce buono, altre volte con pesce cattivo… e allora ecco quell’atto che “subito” ci fa prendere consapevolezza di chi siamo e ci fa chiedere perdono per le nostre mancanze, per entrare “subito” in quell’incontro. E Gesù comincia il suo ministero di “reclutamento” vocazionale chiamando coppie di fratelli, quasi a voler guarire quella ferita originaria di Caino e Abele, Esaù e Giacobbe, Giuseppe e i suoi fratelli… perché la divisione - diceva la seconda lettura - “rende vana la croce di Cristo”, quasi a voler sanare le relazioni più prossime, che spesso sono quelle ad avere più bisogno, e a ricordarci che cristiano non è mai chiamato da solo: c’è sempre accanto a noi un fratello.
E di questi fratelli si dice che “lasciarono tutto e lo seguirono”, come il contadino della parabola, che ha trovato nel campo dove lavora a giornata un tesoro prezioso e non se lo vuole lasciar scappare e vende tutto quello che ha, rischiando per un attimo, in un attimo, tutto! Perché sa che c’è qualcosa di importante che lo attende… La tenebra si vince solo con la luce che può dare un tesoro; la tristezza, la fatica del vivere, solo con una speranza e un amore più forte di ogni cosa… Questi fratelli lasciano tutto perché sanno che c’è qualcuno che li attende! E quel qualcuno può farci vivere la gioia e la luce del giorno di Madian - così si concludeva la prima lettura… - che fa riferimento a quando Gedeone con piccolo gruppo di trecento soldati ha vinto l’esercito dei madianiti che erano più di 15.000, con una battaglia non convenzionale fatta di piccole luci accese e trombe squillanti: insomma una liturgia! Il giorno di Madian è Speranza di vittoria sulle nostre piccole grandi battaglie quotidiane che vogliono mettere in azione come piano d’attacco l’ordine del “convertirsi e credere al Vangelo”. Noi interpretiamo quel “convertitevi” come "fate opere di penitenza, fate sacrifici su sacrifici", mentre si potrebbe tradurre con "raccogliete tutto, anche i cocci rotti di voi stessi, anche le vostre tenebre e convergete, orientatevi su di me e seguitemi, e fidatevi, al resto penserò io". E quando qualcuno ci dice “a te provvederò io, non sei solo, ti amo”… ecco che si dipanano le tenebre e cominciamo a vedere la luce e sentire la gioia: “hai moltiplicato la gioia hai aumentato la letizia”. E ci viene detto che è lo stesso Signore a gioire per noi…Noi siamo sua gioia! “Il Signore gioisce: come quando si miete…come quando si divide la preda… - un altro passo dirà, “come lo sposo per la sposa”! Il Signore fa capriole di gioia come Giovanni nel grembo di Elisabetta perché “c’è più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (Lc 15,7)
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