MIO SIGNORE E MIO DIO - II Pasqua (Anno C)
E dopo la morte del Signore, i discepoli - com’è ovvio che sia - hanno un grosso problema: un problema di incredulità, un problema di dubbi continui… E il Signore comprende tutto questo e si fa prossimo, si fa fratello, si fa vicino. Fra loro, Tommaso è in piena crisi perché lui non c’era quando il Signore si è presentato loro, e anche solo per Tommaso eccolo ritornare: perché non deve mancare nessuno all’appello. E viene a porte chiuse. Spesso ad essere chiuse non sono le porte, ma il cuore, gli occhi, i sensi… siamo noi chiusi alla visita del Signore, barricati, blindati in noi, alla ricerca della certezza matematica della sua presenza, un po’ come i discepoli di Emmaus che ripiegati sul fatto che i conti non tornano, stanno facendo il riassunto della vicenda e non si accorgono che accanto a loro si è fatto vicino il Risorto stesso. Qui siamo in un altro regime: quello della certezza, delle cose che non si vedono, delle parole che proprio come a quei discepoli di Emmaus fanno bruciare il cuore.
E così come il Signore prende sul serio il dubbio e la lotta interiore di Tommaso, così noi dobbiamo prendere sul serio Tommaso e NON semplicisticamente il suo essere “incredulo”, ma la sua esigenza di sperimentare personalmente: per certe cose non ci basta (e non ci deve bastare!) la testimonianza di altri. Tommaso è un prezioso compagno di viaggio, come tutti quelli - dentro e fuori della chiesa - che vogliono vedere, vogliono toccare, con la serietà che merita la fede; tutti quelli che sono esigenti e radicali, e non si accontentano del sentito dire, ma vogliono una fede che incida nel cuore e nella storia. Quel bisogno di “toccare” e “vedere” che sembrano insinuare il tarlo del dubbio, devono essere letti come il desiderio di comunione ed intimità, il bisogno cioè di uscire da una fede anonima, tradizionale, scontata. Ecco perché Gesù vuole incontrare proprio Tommaso: rispetta i suoi tempi e la complessità del vivere e del credere. Non si scandalizza, e lo fa a ferite aperte, a cuore aperto, perché il crocifisso è risorto, il risorto è Crocifisso! Certo non sgorga più sangue e acqua e sofferenza da quelle ferite ma promesse di vita, luce, di pace: pace a voi! Per capire certe cose occorre la PACE!
La domanda di Tommaso allora contiene una verità profonda: dobbiamo chiedere sempre di mettere le nostre mani, cioè la nostra stessa esistenza nelle mani di Cristo, mettere il nostro cuore nel cuore di Cristo, perché lì - e non altrove - la vita può trovare vita.
Da cosa si vede se ci ha raggiunto la Risurrezione? Il segno in questa domenica è la COMUNIONE… “Erano soliti stare insieme nel porticato di Salomone” e - nel Vangelo – "i discepoli erano insieme"... e sanno aspettare l’ultimo. Questo è l’effetto… E noi oggi? Sappiamo aspettare gli ultimi? Sappiamo essere prossimi? O ci aspettiamo e pretendiamo solo che gli altri si facciano prossimi?. Il cambiamento che desidero negli altri, possa essere io per primo, possa io farmi prossimo; è questa capacità di comunione che crea spazi per la comunicazione e viceversa.
Tommaso per trovare il Risorto deve stare con gli altri. La Pasqua diviene così la solenne vittoria sull’individualismo. La Pasqua non è il semplice “vivere ancora”, perché come ben sappiamo si può essere dei perfetti morti viventi, ma è sul come vivere che si gioca la Pasqua! Nello stare insieme si esercita la misericordia!
Ma Tommaso, bisognoso di segni, intuisce che quei segni visibili rimandano ad una realtà che mai può essere vista né scritta: Essa può essere soltanto creduta... sta oltre! Viene il momento in cui i segni debbono essere abbandonati, l'anima deve staccarsi dagli occhi e affidarsi alla testimonianza dello Spirito. Per la natura di Tommaso (e Tommaso siamo un po’ tutti!) la fede comporta il passaggio dal regime dell'evidenza al regime dell'affidamento. Anche lui deve passare dalla tristezza dei discepoli di Emmaus: “Speravamo che fosse lui a liberare Israele”… Pensavamo fosse Lui il nostro guaritore, Lui a salvare, Lui a risolvere, Lui a liberare… E questo fa problema, ma molte volte i problemi non sono i problemi, ma il modo con cui li affrontiamo! Molte volte i problemi NON vanno risolti con le nostre soluzioni, quanto ABBANDONATI ai piedi della croce!
Non dobbiamo continuare ad aggiustare il rotto, il morto, il marcio della nostra storia... c’è da occuparsi della vita, c’è da vivere!!! E questa vita ha un altro sapore se ti fiderai del Risorto a tal punto da poter arrivare a dire “Mio Signore e Mio Dio”... e aggiungere come s. Francesco d’Assisi “Mio Dio e mio Tutto”.
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