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"SONO COLUI CHE CI SONO!" - III Quaresima (Anno C)

In questa Quaresima stiamo facendo un percorso per imparare a fidarci di Gesù, a correre verso il Risorto. Ci sono degli episodi che Gesù ci sta presentando come inevitabili nella vita, e sono quei momenti di deserto, di dolore e di fatica, dove ci viene detto che l’atteggiamento da assumere non è il ripiegarsi su quelle domande che sorgono spontanee: “Perché a me? Perché Dio ce l’ha con me? Perché l’uomo soffre?”. Se vogliamo delle risposte chiare, univoche, risolutive su fatica e dolore, su morte e vita, ci rimarremo solo molto male... La Bibbia non dà definizioni, non presenta spiegazioni lineari al riguardo; proprio come nell’episodio di Mosè raccontatoci oggi, dove non viene detto quale sia il nome di Dio in maniera distinta, con un nome; ci viene detto: “Io sono colui che ci sono”, come a dire “Accontentatevi della mia presenza perché io sono il Dio con voi, questo vi basti”. “Sono il Dio presente anche e soprattutto quando sopraggiunge il dolore”. Questo perché il dolore non va spiegato ma attraversato. Lo sperimentiamo quando qualcosa graffia la nostra vita: le parole non ci bastano, suonano convenzionali e retoriche. Gesù ci dirà: “guardate a Me, la risposta più forte che vi posso dare sarà proprio la mia vita per voi, la mia morte per la vostra risurrezione”.

E in questo senso, dinanzi al mistero della vita che è oltre noi, che è oltre le nostre spiegazioni, e che comprende momenti pieni e belli ma anche inevitabilmente il deserto, la fatica, il dolore, la morte, occorre togliersi i calzari. Siamo cioè dinanzi ad un mistero grande, in cui entrare in punta di piedi, con grande rispetto e riverenza.

Sempre più entriamo nel mistero della vita con poco rispetto, sempre più entriamo nel mistero di Dio con troppa supponenza e confidenza, che diventa in noi il fuoco della conoscenza, della risposta a tutti i costi perché nell’era della tecnica e della scienza ci sentiamo dei tuttologi, ma questo è un fuoco che ci divora dentro, che ci consuma, ma che in realtà non ci pota da nessuna parte. Il fuoco di Dio, invece, è di altra entità: brucia ma non consuma, ti vuole riscaldare, dare forza, plasmare ma senza consumarti, rispettandoti in tutto.

“Ma perché il roveto brucia e non consuma? Non è naturale!". Ci sono delle cose nella vita che - proprio come per questo roveto - non seguono le nostre logiche, non seguono le leggi di natura che possono impazzire; ci sono cose nel cuore di Dio che avvengono in maniera diversa, strana, nuova, capovolta, semplicemente perché Lui è Dio, e noi uomini.

Da quando Adamo ha voluto mangiare dell’albero della conoscenza, Dio preferisce rivelare il suo desiderio-di-esserci piuttosto che dare una definizione o fare l’elenco di teorie per la salvezza: “Io ci sono e ci sarò, io sono con voi, fino alla fine”. Questa cosa non ci spiega poi molto, ma Dio non va spiegato, va adorato, incontrato, vissuto... con quella speranza che si chiama fede che ti porta a credere che Lui c’è e che lo potrai scoprire al momento opportuno.

Nel Vangelo di oggi, Gesù viene tirato in ballo per confrontarsi con un fatto di cronaca nera. Nel tempio Pilato ha fatto compiere un atto sacrilego: ha mischiato al sangue animale dei sacrifici, quello di alcuni uomini che ha fatto uccidere... e Gesù dinanzi a questo tragico episodio non risponde in modo diretto, ma fa una domanda: “credete che forse quegli uomini si meritassero il male?”. Un po’ come a dire, “…Forse che qualcuno si merita il male e il dolore che gli cade addosso?”. Forse noi diremmo: “Bhe in certi casi ci sta, ti sta bene, te la sei cercata”, ma per il Signore no, e spezza ancora una volta quel legame che talvolta anche noi facciamo, tra disgrazia e colpa, peccato e malattia...

Aggiunge l’episodio di quelle 18 persone morte sotto le macerie della Torre di Siloe... che colpe avevano?? Che colpe hanno le vittime di terremoti ed eventi naturali catastrofici?? Che colpe hanno i nostri profughi?? Che colpe hanno i bambini maltrattati?? Gesù, il figlio di Dio, registra che la vita è così, e può mettere in conto tutto questo. Ed invita ad uno spostamento del cuore, di atteggiamento... Noi diciamo sempre e solo “ma dov’era Dio quel giorno…??” ma Lui ci risponde "Figlio io «sono colui che ci sono», prova a chiederti «ma dov’eri tu? Dov’è l’uomo?!? Dov’è l’umanità, dove sono i fratelli, dove sono i cristiani? Adamo dove sei?»”... Perché spesso Lui c’è ma noi siamo altrove, noi siamo assenti, e manchiamo all’appello con la Vita.

Perché qualcosa avvenga è necessario che l’uomo faccia la sua parte, con quella consapevolezza che è vero, forse non ho neppure capito bene il nome di Dio, non lo conosco così a fondo, ma la cosa importante è che Lui conosce bene il mio di nome...

Raccontando l’episodio di Pilato nel tempio, ci viene chiesto di non scandalizzarci poi tanto perché - diceva la Lettura - “se non vi convertirete, perirete tutti allo stesso modo”...Cioè se non si converte la qualità della vita, si può proprio andare a finire male. Anche noi “ci stiamo abbeverando e sfamando alla stessa mensa"...degli affetti, della Parola, del pane e del vino MA... se tutto rimane come prima non serve a nulla!

Gesù sa quanto la natura umana sia lenta al cambiamento e prende del tempo a nostro vantaggio, intercede per noi presso il Padre come il vignaiolo per il Fico che non dà frutti... ma questo ci ricorda anche che il tempo della cura non è infinito... occorre sfruttare bene i tempi di grazia, di perdono.

L’appello di questa Quaresima nell’anno giubilare della Misericordia ci ricorda che - come il buon vignaiolo - Dio crede in me prima ancora che ci creda io, Dio vede in me i frutti buoni che posso dare, vede in me quell’albero che a suo tempo darà i suoi frutti. Chiediamo che questo tempo sia questo nostro oggi.


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