A CIELO APERTO - Battesimo del Signore (Anno C)
Dopo la gloria del Natale di Gesù che si è manifestata ai pastori, gli ultimi degli ultimi, e ai magi, i più lontani dei lontani, Paolo conferma con forza nella Lettera a Tito che "è (proprio) apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini" (Tt 2,11). E sulla stessa scia il profeta Isaia nella Prima Lettura ha proclamato che “si rivelerà la gloria del Signore e tutti gli uomini insieme la vedranno” (Is 40,5). Tanto Paolo quanto Isaia insistono su questo “a tutti gli uomini”: davvero Gesù è per tutti. E nel suo Battesimo che oggi celebriamo, sua prima manifestazione pubblica, Gesù si fa trovare in mezzo alla sua gente, nelle fila dei peccatori perché, come dice altrove la stessa Scrittura, “non si vergogna di chiamarci fratelli” (Eb 2,11). Il Vangelo dirà che “si è immerso con tutto il popolo nel Giordano”, il luogo geografico più basso della terra: Colui che viene dall’alto dei cieli, annunziato dalle stelle, scende a 400 metri sotto terra. Dio non ha paura di abbassarsi, e di incontrare il fondo che toccano gli uomini... per salvarli e liberarli. Questo è anche il luogo che ha segnato il passaggio del popolo di Israele dalla schiavitù alla libertà. Il nostro Dio ci vuole liberi (!) e apre il cielo per benedire il Figlio amato Gesù e per non richiuderlo più sopra alcun uomo. Nel tempo di Avvento la liturgia ci ha fatto leggere un altro passo del profeta Isaia dove si ascoltava l’invocazione “Oh Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,19): questa invocazione si è fatta carne nel Natale di Gesù, profezia sulle nostre chiusure, sulle nostre quattro abitudini, sulle nostre fatiche, sulle nostre speranze perdute.
Per questo le parole di esortazione di Isaia “Consolate, consolate il mio popolo” non sono per evocare solo delle semplici parole zuccherate, ma perché una nuova realtà liberante che ci può far davvero pregustare cieli nuovi e terra nuova si è data a noi, si è fatta vicina.
Per gustare e vivere tutto questo occorre però - diceva la Scrittura - fare la nostra parte: preparare la via al Signore, cioè avere quella disposizione interiore che ci fa accogliere la grazia di Dio, che ci porta a desiderare l’incontro con il Signore Gesù. Abbiamo letto nel Vangelo che il popolo di Israele “aspettava” qualcuno. Se noi non stiamo aspettando nessuno, perché va bene così, perché bastiamo a noi stessi, perché ci bastano le nostre sicurezze... non ci accorgeremo neppure del suo passaggio, della sua esistenza, dei suoi pensieri... e ci potrebbe capitare di ignorare i cieli aperti e sprecare questo tempo di misericordia e di consolazione. Se invece siamo in attesa, Egli non si farà attendere perché “si fa trovare da quelli che lo cercano” e quella consolazione sarà per noi. “CONSOLATORE” è l’altro nome dello Spirito Santo, il dono dei doni, la promessa della sua stessa presenza in noi, in ogni tempo, in ogni dove, in ogni circostanza, in ogni fatica, in ogni avversità, persino in ogni peccato. Per essere visitati basta davvero poco, basta essere luminosi come lo stoppino dalla fiamma smorta e stabili come la canna incrinata: la promessa è che egli non ci spezzerà, non ci spegnerà ma raddrizzerà e rinvigorirà. Questa è la sua volontà di salvezza per ogni uomo. Davanti a Lui, allora, sono libero come davanti a nessun altro, libero persino di non essere forte, di non essere grande, libero di essere debole.
Nel battesimo di Gesù facciamo memoria della nostra origine, della nostra nascita; il primo sacrificio che anche Gesù ha dovuto vivere su di sé è stato la stessa vita, con un corpo, con le gioie e i dolori. Questa nostra esistenza non è un caso, non è un agglomerato di cellule, ma ha un luogo sorgivo che è l’amore stesso di Dio: “siamo figli amati nei quali lui vuole compiacersi”. Battesimo significa immersione. Uno dei più antichi simboli cristiani, quello del pesce, ricorda anche questa esperienza: come il pesce nell'acqua, così il credente è immerso in Dio, come nel suo ambiente vitale, che lo avvolge, lo sostiene, lo nutre. Ma mentre Giovanni Battista portava l’acqua, un elemento naturale, che ci ricorda come tutto vada portato al cospetto di Dio, altresì ci viene ricordato che non basta l’acqua, ci serve il di più di Dio, “il fuoco e lo Spirito” che servono per avere la vita secondo il volere del Padre. Gesù in questo senso è detto “il più forte”, perché solo egli è singolarmente il Figlio di Dio, e la sua forza è l’essere in unione totale e piena con Dio. Unione che nel Vangelo di oggi si fa preghiera: non è solo una ritualità per Gesù, o un artificio per farci capire che anche noi dobbiamo pregare. Gesù stesso impara la vita e la volontà attraverso la preghiera, perché anche noi possiamo vivere da battezzati, da immersi nei suoi misteri, che ci ricordano che siamo figli amati tra le braccia di un Padre, che ci consola con il suo Spirito e con lo stesso Spirito possiamo consolare quanti troveremo lungo il nostro cammino con parole di speranza... quella speranza di chi è stato trovato da Dio e non se lo vuole più lasciare scappare, e non vuole più cieli chiusi sopra il suo capo, sopra la sua esistenza.
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